Ci vengono chiesti chiarimenti sul collocamento fuori ruolo. Si tratta di un istituto che rientra nella cosiddetta Mobilità temporanea.
La fonte è costituita dall’articolo 58 del testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, il quale stabilisce che: «Il collocamento fuori ruolo può essere disposto per il disimpegno di funzioni dello Stato o di altri enti pubblici attinenti agli interessi dell’amministrazione che lo dispone e che non rientrino nei compiti istituzionali dell’amministrazione stessa».
Il collocamento fuori ruolo comporta la destinazione del dipendente pubblico a un’amministrazione o a un ente diverso da quello di appartenenza presso il quale egli è chiamato a svolgere temporaneamente la sua prestazione.
Il collocamento fuori ruolo incide quindi sul rapporto di servizio, data l’instaurazione temporanea di un rapporto con un ente diverso da quello di appartenenza.
Le ragioni che soggiacciono a questo istituto sono principalmente relative ai criteri di buona amministrazione, laddove il collocamento fuori ruolo consente a un ente pubblico di avvalersi dell’opera di un dipendente di un’altra amministrazione, per lo svolgimento di attività che non rientrano tra i compiti di quest’ultima e che, tuttavia, sono attinenti ai suoi interessi istituzionali.
In pratica i dipendenti pubblici o statali collocati fuori ruolo indirettamente soddisfano anche un interesse dell’ente di appartenenza.
Rispetto al comando o al distacco, l’impiegato collocato fuori ruolo non occupa il posto nella qualifica del ruolo organico di cui fa parte senza variazione del rapporto di impiego con l’amministrazione di appartenenza che ha l’obbligo di lasciare scoperto nel ruolo e nella qualifica un posto per ogni impiegato fuori ruolo.
Invece, come nel caso del distacco previsto ai sensi dell’art. 32 del d.lgs.165 del 2001, anche nel caso del collocamento fuori ruolo per l’esercizio di funzioni presso Stati od organismi internazionali, il lavoratore mantiene il proprio rapporto di lavoro con l’ente o amministrazione di provenienza.
Particolari norme sono previste per il collocamento fuori ruolo di impiegati che vengono inviati presso organismi internazionali e dei professori universitari, collocati fuori ruolo a decorrere dal 65 esimo anno di età fino al collocamento a riposo al 70 esimo anno.
Il lavoratore fuori ruolo può presentare istanza formale di riammissione nel ruolo di appartenenza.
Le disposizioni del collocamento fuori ruolo nel pubblico impiego si applicano anche nei confronti di dipendenti delle forze armate che, previa autorizzazione del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentiti il Ministro per la difesa ed il Ministro per gli affari esteri, assumano un impiego presso enti od organismi internazionali, anche se per tale impiego esercitino funzioni, anche di carattere continuativo, presso Stati esteri.
Per essi cessa la corresponsione del trattamento economico a carico dello Stato italiano. Anche ai medesimi può essere corrisposto l’assegno integrativo previsto dall’art. 3 della legge in argomento.
Si tratta, in quest’ultimo caso, di disposizioni applicabili per quanto compatibili, anche al personale della Polizia di Stato, della Polizia Penitenziaria e della Guardia di finanza, nonché al personale militare in genere in forma volontaria o rafferma.
In definitiva, quando il dipendente pubblico viene impiegato per svolgere mansioni diverse da quelle rientranti nei suoi compiti istituzionali, allora si parla di collocamento fuori ruolo. Ossia fuori da quello che è il suo ruolo nell’amministrazione d’origine.
Al collocamento fuori ruolo si provvede con decreto dei ministri competenti di concerto con il ministro per il Tesoro, sentito l’impiegato. La spesa per il personale fuori ruolo presso altra amministrazione statale resta a carico dell’amministrazione di appartenenza.”.