Il Presidente del Tribunale dell’Unione europea ha respinto la domanda presentata da alcuni cittadini europei ai fini dell’ottenimento, in via provvisoria e urgente, della sospensione dell’esecuzione del regolamento europeo che ha stabilito un quadro comune per il rilascio, la verifica e l’accettazione dei certificati Covid digitali dell’Ue.
Si tratta del regolamento (UE) 2021/953 del 14 giugno 2021, adottato da Parlamento europeo e Consiglio dell’Unione europea per agevolare la libera circolazione delle persone durante la pandemia di Covid-19 e la revoca graduale e coordinata delle restrizioni varate dagli Stati membri. Le disposizioni del regolamento consentono, tra le altre misure, il rilascio, la verifica e l’accettazione transfrontaliere di uno dei seguenti certificati:
- un certificato comprovante che al titolare è stato somministrato un vaccino anti Covid nello Stato membro che ha rilasciato il certificato, denominato “certificato di vaccinazione”;
- un certificato comprovante che il titolare è stato sottoposto ad un test effettuato da operatori sanitari o personale qualificato nello Stato membro che rilascia il certificato, e indicante il tipo di test, la data in cui esso è stato effettuato e il risultato del test, denominato “certificato di test”;
- un certificato comprovante che, in seguito al risultato positivo di un test effettuato da operatori sanitari o personale qualificato, il titolare è guarito da un’infezione da SARS-CoV-2, denominato “certificato di guarigione”.
Secondo i ricorrenti, il regolamento impugnato creerebbe una discriminazione tra persone vaccinate e persone non vaccinate nell’esercizio dei loro diritti fondamentali.
Lo stesso violerebbe il diritto alla libera circolazione per chi non si sottoponga a un trattamento medico invasivo contrario alla sua volontà, causando, così, una limitazione diretta della libertà personale nonché della libertà professionale e del diritto al lavoro.
Il Presidente del Tribunale Ue – causa T-527/21, ordinanza del 29 ottobre 2021 – ha rigettato la domanda cautelare in esame, non rinvenendo nessuna argomentazione a dimostrazione del carattere manifesto delle violazioni denunciate.
Il possesso dei certificati previsti dal regolamento – si legge nella pronuncia – non costituisce una condizione preliminare per l’esercizio del diritto di libera circolazione.
Nella specie, i richiedenti non avevano fornito elementi per dimostrare il peggioramento delle loro condizioni di spostamento, rispetto alla situazione preesistente alla entrata in vigore del medesimo regolamento.
Lo scopo di quest’ultimo – ha ricordato il Tribunale – è proprio quello di facilitare l’esercizio del diritto di libera circolazione in seno all’Unione durante la pandemia di Covid-19, mediante l’introduzione di un quadro comune per il rilascio, la verifica e l’accettazione dei green pass in Ue.