La Conferenza Stato Regioni ha approvato il Piano pandemico influenzale 2021-2023 che su richiesta delle Regioni attingerà alle risorse presenti nel Fondo sanitario Nazionale. Il piano, che prevede l’aggiornamento ogni tre anni, contempla le attività necessarie a ridurre il rischio delle malattie infettive e il loro impatto nel corso di una situazione di emergenza sanitaria pubblica.
Pianificazione, coordinamento, diagnosi preventiva, ma anche valutazione, indagine, risposta e comunicazioni sono le capacità richieste dal piano quando si verifica una situazione di emergenza infettiva.
Il piano prevede che spetta al medico, che deve agire in scienza e coscienza, valutare il bisogno clinico dei pazienti secondo i criteri dell’urgenza, della gravosità e dell’efficacia terapeutica “che si basano sulle evidenze scientifiche e che sono proporzionati alle condizioni cliniche dei pazienti.”
La pianificazione della preparazione è la chiave per affrontare le emergenze sanitarie, secondo i seguenti principi ispiratori:
- rafforzare i sistemi esistenti di prevenzione e di controllo dell’influenza stagionale;
- testare i nuovi sistemi durante tutto il periodo pandemico;
- stanziare risorse adeguate;
- sviluppare piani di continuità per rispondere alla pandemia;
- fornire una risposta pandemica basata sulle evidenze e proporzionata alla minaccia;
- predisporre una pianificazione che deve basarsi su pandemie di diversa gravità e fornire una risposta fondata sulla situazione reale in base ai rischi nazionali e internazionali.
Il piano si pone l’obiettivo generale di rinforzare la preparazione per dare una risposta efficace a una futura pandemia influenzale nazionale e locale al fine di tutelare la popolazione, per ridurre il numero delle vittime; diminuire il più possibile l’impatto della pandemia sulla sanità, per garantire i servizi essenziali; garantire il funzionamento dell’economia e della società.
Nello specifico il piano dovrà:
1. pianificare le attività per fronteggiare le epidemie influenzali;
2. individuare in modo più preciso ruoli, funzioni e responsabilità dei soggetti preposti ad attuare le misure del piano nazionale, in base alle necessità locali;
3. procurare strumenti formativi ai soggetti indicati nel punto precedente;
4. sviluppare un ciclo in grado di formare, monitorare e aggiornare il piano per verificare l’efficienza dello stesso e implementarlo.
Nel momento in cui si prevede o ci si trova nel bel mezzo di un fenomeno sanitario che, per estensione e gravità, richiede l’adozione di misure straordinarie, il Consiglio dei ministri, in virtù di quanto sancisce l’art. 24 della Costituzione può deliberare lo stato di emergenza a livello nazionale.
Dichiarazione a cui segue il coordinamento, da parte del Dipartimento della protezione civile, delle strutture del Servizio nazionale della protezione civile. Alla rete dei referenti sanitari per le gradi emergenze invece il compito di coordinare le risorse regionali. Al Ministero della Salute il compito di indirizzo, coordinamento e monitoraggio della capacità delle Regioni di raggiungere gli obiettivi del piano, nel rispetto della ripartizione di
competenze Stato – Regioni.
Al fine di coordinare le misure di intervento il Ministero collabora con l’Istituto Superiore della Sanità e si avvale dell’attività di coordinamento delle Regioni e della Pubblica Amministrazione per analizzare e gestire il rischio. Alle Regioni la funzione di dare attuazione ai diversi interventi nel rispetto di quanto stabilito dai piani regionali.
I vaccini rappresentano il metodo di prevenzione più efficace, con un elevato valore etico e sanitario. Essi devono essere distribuiti in modo trasparente, motivato e ragionevole e i loro limiti devono essere spiegati in modo chiaro ai cittadini, evidenziando come gli stessi non sono in grado di sostituire la prevenzione necessaria a contenere la diffusione della pandemia.
Il Piano illustra le quattro fasi tipiche di una pandemia e definisce per ognuna gli interventi da mettere in atto per fronteggiarla al meglio. Le fasi sono quelle definite dall’OMS, che individuano i diversi livelli di progressione della pandemia, necessari per una migliore gestione della crisi a livello locale e nazionale.
Fase intrapandemica: periodo che intercorre tra pandemie influenzali, in cui deve mettersi in atto una normale attività di sorveglianza epidemiologica e virologica dell’influenza e delle sindromi simili all’influenza.
Fase di allerta: l’influenza causata da un sottotipo è identificata nell’uomo. Aumentano la sorveglianza e la valutazione del rischio locale e nazionale. Se il nuovo virus non si sta trasformando in un ceppo pandemico le misure diventano meno stringenti, come quelle della fase interpandemica.
Fase pandemica: è quella in cui l’influenza causata da un sottotipo si diffonde globalmente. Si può giungere a questa fase molto rapidamente o in modo graduale. A rivelarlo sono i dati virologici, epidemiologici e clinici. In ogni paese si possono verificare a livello nazionale fasi acute, post acute e di transizione epidemica.
Fase di transizione: quando il rischio diminuisce a livello globale in ambito nazionale si tende a ridurre le attività di risposta alla pandemia e si cambia strategia, direzionando l’attenzione verso azioni di recupero.
L’esperienza maturata nella gestione del Covid 19 rappresenta un piano pandemico influenzale in grado di fornire elementi utili per la predisposizione di altri piani finalizzati a contrastare altri agenti patogeni in grado di causare pandemie ed epidemie. I sistemi di preparazione devono quindi essere in possesso di elementi comuni e altri flessibili per consentire di adattare il piano al patogeno specifico, per permettere la diagnosi,
procurare le cure necessarie da adottare in base alle evidenze scientifiche e assicurare i dispositivi di protezioni a coloro che operano in ambito sanitario. Come appreso dall’esperienza australiana il distanziamento si rivela efficace anche per ridurre la diffusione dell’influenza stagionale, mentre le mascherine, come le altre misure di prevenzione, sono un valido strumento di contrasto alla trasmissione delle infezioni. Importante quindi adottare misure di prevenzione anche per in caso d’influenza in quanto
“Quando un virus influenzale di tipo A va incontro a una mutazione maggiore (cosiddetto shift), allora, trattandosi di un virus totalmente nuovo, trova una popolazione umana del tutto suscettibile e quindi è in grado di provocare una pandemia di rilevanti dimensioni.”
Si rende quindi necessario mobilitare la produzione di mascherine e dispositivi di protezione individuale nel giro di breve tempo e aumentare i posti letto nelle terapie intensive, anche per evitare, come accaduto, disservizi nel fornire assistenza ai pazienti affetti da patologie comuni, ovvero diverse dal Covid19.
Il Piano vale per prepararsi anche contro altri eventi pandemici e malattie respiratorie sconosciute, sia a livello ospedaliero che comunitario. Occorre a tale fine monitorare anche i piani pandemici influenzali regionali e rafforzare la preparazione in materia di controllo e prevenzione delle infezioni.
Conclusa la pandemia in corso è necessario inoltre procedere a una programmazione che tenga conto dei documenti di indirizzo internazionali, al fine di predisporre un “piano pandemico nazionale che comprenda tutte le patologie respiratorie ad alta trasmissibilità epatogenicità.”