Illegittimità Costituzionale del divieto di circolazione con un veicolo immatricolato all’estero

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La Corte Costituzionale, con la Sentenza 113/2023 del 06 aprile 2023 – Depositata il 06 giugno 2023 e pubblicata in G.U., ha dichiarato l’illegittimità Costituzionale del divieto di circolare con un veicolo immatricolato all’estero per chi ha stabilito la residenza in Italia da oltre sessanta giorni.

La questione è stata sollevata dal Tribunale Ordinario di Napoli che ha eccepito l’illegittimità costituzionale dei commi 1-bis e 7-bis dell’art. 93 del d.lgs. n. 285 del 1992, introdotti dall’art. 29-bis, comma 1, lettera a), numeri 1) e 2) del d.l. n. 113 del 2018, come convertito, in riferimento all’art. 77, secondo comma, della Costituzione.

La citata norma di stabilisce che «salvo quanto previsto dal comma 1-ter, è vietato, a chi ha stabilito la residenza in Italia da oltre sessanta giorni, circolare con un veicolo immatricolato all’estero».

Il Tribunale rimettente ha censurato il richiamato art. 93, commi 1-bis e 7-bis, cod. strada, lamentando unicamente che la sua introduzione, avvenuta per effetto dell’approvazione – in sede di conversione – dell’art. 29-bis del d.l. n. 113 del 2018, contrasta con il requisito della necessaria omogeneità tra il decreto-legge e la successiva legge di conversione, in violazione dell’art. 77, secondo comma, Costituzione.

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I Giudici della Consulta hanno ritenuto fondata la questione e dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 29-bis, comma 1, lettera a), numeri 1) e 2), del decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113 sulla base del seguente ragionamento.

Il Giudice delle leggi ha richiamato la sua “costante giurisprudenza secondo la quale la legge di conversione rappresenta un atto normativo a competenza funzionalizzata e specializzata, perché rivolto unicamente a stabilizzare gli effetti del decreto-legge, con la conseguenza che esso è limitatamente emendabile, potendosi aprire solo a “disposizioni coerenti con quelle originarie dal punto di vista materiale o finalistico (sentenza n. 6 del 2023 e, analogamente, sentenze n. 245 del 2022, n. 210 del 2021 e n. 226 del 2019)”.

L’omogeneità costituisce un requisito del decreto-legge sin dalla sua origine, dato che l’inserimento di norme eterogenee rispetto all’oggetto o alla finalità del decreto «spezza il legame logico-giuridico tra la valutazione fatta dal Governo dell’urgenza del provvedere ed “i provvedimenti provvisori con forza di legge”», di cui alla norma costituzionale citata (sentenze n. 149 del 2020 e n. 22 del 2012).

D’altra parte, l’urgenza e la necessità possono contrassegnare anche una pluralità di norme accomunate dall’intento di «fronteggiare situazioni straordinarie, complesse e variegate, che richiedono interventi oggettivamente eterogenei, afferenti quindi a materie diverse» (sentenze n. 213 del 2021, n. 137 del 2018, n. 170 del 2017 e n. 32 del 2014), purché, tuttavia, tali norme siano rivolte ad approntare rimedi urgenti per le situazioni straordinarie venutesi a creare”.

Al riguardo, La Corte assume che l’art. 29-bis è inserito nel Titolo II, Capo II, rubricato «Disposizioni in materia di prevenzione e contrasto alla criminalità mafiosa». Tale collocazione risulta funzionalmente collegata all’obiettivo perseguito dal Governo, e ricavabile dal preambolo del decreto-legge, consistente nell’adozione di misure «per rafforzare i dispositivi a garanzia della sicurezza pubblica, con particolare riferimento alla minaccia del terrorismo e della criminalità organizzata di tipo mafioso, al miglioramento del circuito informativo tra le Forze di polizia e l’Autorità giudiziaria e alla prevenzione e al contrasto delle infiltrazioni criminali negli enti locali, nonché mirate ad assicurare la funzionalità del Ministero dell’Interno».

Pertanto, tenuto conto dell’impossibilità di individuare una sola ratio nel testo originario del d.l. n. 113 del 2018 e, di conseguenza, della necessità di riferire l’omogeneità delle disposizioni censurate agli ambiti e alle finalità delle altre previsioni contenute nel capo e nel titolo in cui esse sono state inserite, si deve rilevare come esse si mostrino del tutto estranee all’impianto del decreto originario.

In conclusione il divieto di circolazione con veicoli immatricolati all’estero stabilito dalle disposizioni censurate, per il fatto di gravare su chi risulti residente da più di sessanta giorni in Italia, mostra di voler incidere sulla condotta potenzialmente elusiva dei conducenti di veicoli che, pur trovandosi non occasionalmente in Italia, intendono sottrarsi agli adempimenti imposti a chi, stabilmente residente, abbia immatricolato il proprio veicolo in Italia.

“Avendo ricondotto il divieto di circolazione al requisito della residenza, di per sé non indicativo di alcuna connessione con finalità di sicurezza pubblica, le disposizioni censurate si rivelano quindi effettivamente indirizzate a contrastare la prassi della cosiddetta esterovestizione dei veicoli, consistente, come detto, nella sottrazione agli adempimenti di natura fiscale, tributaria e amministrativa gravanti sui proprietari di veicoli al fine di ottenere vantaggi indebiti quali l’evasione di tributi e pedaggi, la non assoggettabilità a sanzioni e la fruizione di premi assicurativi più vantaggiosi.

Il divieto posto dalle disposizioni censurate non mostra di avere, di per sé, alcuna diretta incidenza né sulla prevenzione di illeciti, né sulla identificazione di chi è alla guida di un veicolo, potendo rilevare, ai sensi dell’art. 196 cod. strada, solo ai fini della identificazione del soggetto solidalmente responsabile con il conducente, senza, quindi, che ciò attenga alle predicate esigenze di tutela della sicurezza pubblica.

Ne deriva, pertanto, l’illegittimità costituzionale dell’art. 93, commi 1-bis e 7-bis, cod. strada, introdotti dall’art. 29-bis del d.l. n. 113 del 2018, come convertito. Inoltre, in considerazione della riscontrata violazione dell’art. 77, secondo comma, Cost. e della stretta connessione tra le disposizioni oggetto di censura e le altre inserite nell’art. 93 cod. strada dal medesimo art. 29-bis, deve essere dichiarata, in via consequenziale, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), l’illegittimità costituzionale dei commi 1-ter, 1-quater e 7-ter dell’art. 93 cod. strada. La caducazione del complesso delle previsioni aggiunte nel corpo del medesimo art. 93 è idonea a rendere non operative, per il periodo della loro vigenza, le modifiche apportate dall’art. 29-bis del d.l. n. 113 del 2018, come convertito, agli artt. 132, commi 1, periodo finale, e 5, e 196, comma 1, cod. strada, nonché la previsione introdotta dal d.l. n. 76 del 2020, come convertito, nell’art. 93, comma 1-quinquies, cod. strada

 

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