In materia di accoglienza il silenzio amministrativo è inadempimento

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La sentenza TAR Piemonte n. 1361/2025, pubblicata il 2 ottobre 2025, ha fissato in trenta giorni il termine massimo entro cui l’Amministrazione deve pronunciarsi sulla domanda di accesso alle misure di accoglienza dei richiedenti protezione internazionale. Il silenzio protratto oltre tale limite è stato qualificato come illegittimo.

Il TAR ha chiarito che il procedimento di accesso alle misure di accoglienza non può essere assimilato ai procedimenti ordinari in materia di immigrazione, i quali, secondo il Consiglio di Stato, possono tollerare termini più lunghi, fino a 180 giorni, per motivi istruttori o organizzativi.

Nel caso concreto, la Prefettura di Torino aveva omesso di rispondere a una domanda di accesso alle misure di accoglienza, nonostante l’evidente urgenza derivante dalla condizione dei richiedenti protezione internazionale. Il TAR ha sancito il principio che la tempestività non è opzionale, ma parte integrante della tutela dei diritti fondamentali, richiamando l’Amministrazione pubblica alla trasparenza e all’effettività della tutela, in ragione del principio che la dignità dei soggetti più vulnerabili non può essere sacrificata sull’altare della lentezza burocratica.

Secondo i giudici piemontesi “la dilazione nella conclusione dei procedimenti che incidono su diritti fondamentali comporta una compressione del diritto stesso, trasformando l’inerzia in una forma di lesione sostanziale e su tale base il giudice amministrativo qualifica il silenzio protratto oltre i trenta giorni come silenzio-inadempimento, attribuendogli effetti sostanziali e vincolanti, non meramente formali”.

Le misure di accoglienza sono disciplinate dal D.lgs. n. 142/2015. Tali misure includono alloggio, vitto, assistenza sanitaria, informazione legale e orientamento sociale, strumenti indispensabili per consentire la piena partecipazione del soggetto alla procedura di riconoscimento della protezione internazionale.

L’art. 1, comma 2, del decreto stabilisce che le misure si applicano dal momento della manifestazione della volontà di chiedere protezione internazionale, sancendo un principio di immediatezza che non ammette differimento. Tuttavia, l’assenza di un termine esplicito di conclusione del procedimento ha generato nel tempo interpretazioni divergenti, spesso legate alle prassi locali o alla capacità organizzativa degli enti preposti.

La L. 241/1990, art. 2, prevede un termine ordinario di trenta giorni per la conclusione dei procedimenti amministrativi, salvo diversa disposizione. La combinazione tra normativa nazionale e obblighi derivanti dalla Direttiva 2013/33/UE, che impone l’accesso tempestivo alle misure di accoglienza, attribuisce a tale termine un valore sostanziale, elevandolo a garanzia concreta dell’effettività del diritto. In questo senso, la tempestività non è solo un parametro procedurale, ma diventa presidio dell’effettività del diritto stesso, proteggendo soggetti in condizioni di particolare vulnerabilità.

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