Indennità di trasferimento a seguito di assegnazione

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Indennità di trasferimento a seguito di assegnazione, all’esito di concorso, alla nuova sede di servizio

L’indennità di trasferimento di cui all’art. 1, l. n. 86 del 2001 non spetta in caso di assegnazione alla nuova sede di servizio, all’esito di un concorso al quale l’interessato aveva partecipato con la quota riservata al personale già appartenente al Corpo.

Il principio è stato ribadito dal Cons. Stato in sede consultiva con il parere sez. I, 15 ottobre 2020, n. 1592.
Al riguardo, l’orientamento delle Sezioni consultive ha presentato, negli ultimi anni, due orientamenti non sempre convergenti.

Un primo orientamento, aveva riguardato il caso dell’assegnazione dei Vice Sovrintendenti alle sedi di servizio, affermando il carattere unitario della carriera del personale interessato, anche in presenza del conseguimento di un grado superiore per effetto di promozione, ancorché questo avvenga a seguito del superamento di apposito corso o di concorso appositamente riservato, a condizione che il posto in ruolo assegnato appartenga alla quota di riserva e sempre che sussista la condizione della continuità di prestazione di servizio, riconoscendo l’indennità di trasferimento prevista dall’art. 1 della L. 29.3.2001 n. 86 anche in favore del personale militare vincitore di concorso interno che, transitato nel nuovo ruolo, venga destinato ad una diversa sede di servizio, a nulla rilevando “a contrario” la circostanza che l’assegnazione alla sede di servizio di destinazione sia stata manifestata dall’interessato all’esito del corso (secondo l’ordine di graduatoria e nell’ambito delle disponibilità) e che la partecipazione al concorso avesse carattere volontario, realizzando l’assegnazione ad una sede di servizio diversa da quella nella quale il dipendente era impiegato nel ruolo originario di appartenenza il presupposto del “trasferimento d’ufficio” richiesto dall’art. 1, l. n. 86 del 2001” (sez. I, n. 1530 del 2019, che aderisce al parere della sez. II, n. 82 del 2013).

Secondo questo primo orientamento “l’assegnazione dei dipendenti risultati vincitori del concorso interno di cui si è detto, al termine del previsto corso formativo biennale, ad una sede diversa da quella di originario servizio, è connotata dalla prevalenza dell’interesse pubblico su quello del dipendente, anche quando quest’ultimo l’abbia indicata come sede di preferenza o di gradimento — ma pur sempre nell’ambito delle sedi indicate dall’amministrazione, in conformità a quanto previsto dall’art. 4, comma 5, d.lgs. n. 155 del 2001 —, apparendo siffatta assegnazione finalizzata in via prioritaria alla soddisfazione dell’interesse della pubblica amministrazione alla provvista di funzionari del Corpo Forestale dello Stato dotati di specifiche professionalità”.

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Di segno opposto è invece il secondo orientamento. In particolare, nel parere della sez. II, 20 febbraio 2017, n. 439, riguardante il caso di un appuntato scelto dei Carabinieri che aveva chiesto l’indennità di trasferimento a seguito del suo trasferimento a domanda, pur dandosi atto che la giurisprudenza amministrativa ha effettivamente affermato che non è sufficiente la mera presentazione di una domanda del pubblico dipendente affinché l’assegnazione ad una nuova sede di servizio possa essere sicuramente qualificata come trasferimento a domanda, dovendo indagarsi su quale interesse sia stato perseguito prioritariamente dall’Amministrazione (Cons. St., sez. IV, n. 4341 del 18 ottobre 2016), con la conseguenza che potrebbe essere qualificato come trasferimento d’ufficio (ai fini della corresponsione delle relative indennità) anche un trasferimento preceduto da una domanda di assegnazione alla nuova sede (o di gradimento per la stessa), ha però aggiunto e chiarito “che non può essere invocato il trasferimento d’ufficio ogni qual volta si ritiene venga in rilievo il soddisfacimento di esigenze dell’Amministrazione, tenuto conto che tali esigenze sono per loro natura sempre presenti anche in un trasferimento a domanda per un posto che la stessa Amministrazione ritiene debba essere coperto per il miglior soddisfacimento delle proprie funzioni (Cons. St., sez. IV, n. 9277 del 18 dicembre 2010)”, e che “Si è quindi affermato che, quando il trasferimento è disposto a seguito della presentazione di una domanda, in una procedura concorsuale, sui posti liberi individuati dall’Amministrazione di appartenenza, si deve escludere la configurabilità di un trasferimento d’ufficio, con il conseguente diritto a percepire le relative indennità (Cons. St., sez. IV n. 5201 del 23 ottobre 2008)”. Secondo questo secondo orientamento, dunque, “La domanda di trasferimento presentata dall’interessato, all’esito di una procedura aperta, non costituisce infatti, una mera dichiarazione di disponibilità al trasferimento ma esprime l’interesse del richiedente di lasciare la sede presso la quale presta servizio per ottenere il trasferimento nella sede diversa che si è resa disponibile”, sicché “Può quindi correttamente parlarsi, in tali casi, di un trasferimento a domanda, con le relative conseguenze in ordine al trattamento economico spettante agli interessati”. “Né ha alcun rilievo per qualificare diversamente il trasferimento – ha aggiunto la Sezione – la circostanza che, mediante l’attivazione della procedura di mobilità, alla quale può partecipare, presentando apposita domanda, in modo indifferenziato il personale che ha un interesse al trasferimento, anche l’Amministrazione persegue l’interesse pubblico di coprire il posto resosi vacante”.

Il parere n. 439 del 2017 si è altresì premurato di confutare l’opposto orientamento “secondo il quale (in alcune situazioni di più difficile interpretazione) il discrimine tra il trasferimento d’ufficio e il trasferimento a domanda va rintracciato nel diverso rapporto che intercorre nelle due ipotesi tra l’interesse pubblico e l’interesse personale, nel senso che nel primo caso il trasferimento è reputato indispensabile per la migliore realizzazione dell’interesse pubblico (anche in presenza di una mera dichiarazione di disponibilità al trasferimento) mentre nel secondo caso è solo riconosciuto compatibile con le esigenze di servizio, tenuto conto che, ai fini della corretta qualificazione in concreto di un determinato movimento di un dipendente pubblico, come trasferimento d’ufficio ovvero a domanda, deve aversi comunque riguardo alle specifiche modalità con cui esso è avvenuto in quanto, come si è già detto, l’interesse pubblico (alla efficiente ed adeguata ripartizione e assegnazione del personale ai vari uffici e servizi) è comunque presente in entrambi i tipi di trasferimenti, quantunque, in quello a domanda, esso coincida con l’interesse privato del dipendente (Cons. St., sez. IV, 19 dicembre 2008, n. 6410)”.

Questo secondo orientamento – negativo del diritto all’indennità di trasferimento – è condiviso anche dalla sez. III, con la sentenza 3 agosto 2015, n. 3799, e dalla più recente giurisprudenza del giudice di appello (sez. II, 27 marzo 2020, n. 2151 e 23 maggio 2019, n. 3363) ed è stato ribadito dalla sez. II con il parere 15 giugno 2017, n. 1410.

Il parere in commento ha aderito al secondo orientamento. 

La causa prossima, immediata e diretta, del trasferimento di sede, che è la sola che rileva per il diritto, è costituita nel caso dalla domanda volontaria del dipendente, senza la quale nessun trasferimento sarebbe avvenuto, mentre la procedura di avanzamento, indetta dall’Amministrazione, ha costituito nella vicenda in esame solo l’occasione o il mezzo attraverso il quale il trasferimento si è concretizzato, ma non ne costituisce certamente la causa efficiente.

Come chiarito nel parere n. 439 del 2017, la circostanza che il trasferimento soddisfi in qualche modo anche l’interesse dell’amministrazione non può incidere sulla natura del trasferimento stesso, posto che pressoché tutti i casi di trasferimento volontario a domanda devono comunque passare per il filtro della valutazione discrezionale dell’amministrazione circa la coerenza e la convenienza di tale movimento con il proprio assetto organizzativo e con la funzionalità del servizio.

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