La Corte costituzionale aggiorna la legislazione sull’immigrazione clandestina

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Ultimo aggiornamento 25/03/2022

La Corte costituzionale con sentenza 63/2022 del 10 marzo 2022, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 12, comma 3, lettera d), del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), limitatamente alle parole «o utilizzando servizi internazionali di trasporto ovvero documenti contraffatti o alterati o comunque illegalmente ottenuti», nella parte in cui prevede l’aggravamento di pena rispetto all’ipotesi semplice».

La questione di legittimità era stata sollevata dal Tribunale ordinario di Bologna, in riferimento al principio di uguaglianza-ragionevolezza di cui all’art. 3 della Costituzione e al principio di proporzionalità della sanzione penale di cui agli artt. 3 e 27, terzo comma, Cost.

Secondo il Tribunale remittente, il legislatore avrebbe equiparato sul piano sanzionatorio «le ipotesi in cui lo straniero venga esposto a pericolo per la vita o l’incolumità fisica (lett. b) o sottoposto a trattamenti inumani e degradanti (lett. c), o vi sia l’uso di esplodenti o di armi (lett. e), con quelle, la cui portata appare molto più modesta», previste dal frammento normativo censurato, riferito a «condotte che vengono attuate o avvalendosi di un mezzo di per sé lecito (l’impiego di un vettore di trasporto), oppure attraverso un’ulteriore condotta delittuosa (reato di falso), sia pure assoggettata ad altre specifiche sanzioni penali, per le quali non appare giustificabile la previsione di una sanzione così elevata rispetto alla pena base». Invero, secondo la norma censurata la condotta consistente nel far viaggiare lo straniero nascosto nella cella frigorifera di un camion o […] accompagnarlo attraverso impervi sentieri di montagna, in entrambi i casi con rischio per la vita o per l’incolumità del migrante, sarebbe punita nello stesso modo rispetto a chi invece faccia viaggiare lo straniero con un volo di linea o limitandosi a procurargli un passaporto o un visto falso».

Secondo i Giudici della Consulta, l’individuazione di una (qualsivoglia) ratio dell’aggravamento di pena rispetto alla fattispecie base è, in verità, particolarmente ardua rispetto all’ipotesi dell’utilizzazione di servizi internazionali di trasporto.

Non pare, infatti, ragionevolmente ravvisabile alcun surplus di disvalore del fatto commesso mediante l’utilizzazione di servizi internazionali di trasporto rispetto alla generalità dei fatti riconducibili alla fattispecie base descritta nel comma 1. Una tale modalità di commissione non offende alcun bene giuridico ulteriore rispetto a quello tutelato dal comma 1 (l’ordinata gestione dei flussi migratori), né rappresenta una modalità di condotta particolarmente insidiosa o tale da creare speciali difficoltà di accertamento alla polizia di frontiera.

I Giudici osservano come “dalla legge Martelli in poi, la norma incriminatrice su cui si è incardinato il contrasto all’immigrazione clandestina (l’art. 6, comma 8, del d.l. n. 416 del 1989, come convertito, e poi l’art. 12 t.u. immigrazione) ha progressivamente differenziato, con sempre maggiore nettezza (supra, punti da 3.1. a 3.5.), il trattamento sanzionatorio di due distinte classi di condotte: da un lato, l’aiuto all’ingresso illegale nel territorio dello Stato compiuto in favore di singoli stranieri, per finalità in senso lato altruistiche; e dall’altro, l’attività posta in essere a scopo di lucro da gruppi criminali organizzati nei confronti di un numero più o meno ampio di migranti destinati a essere trasportati illegalmente nel territorio dello Stato. Il ben maggiore rigore sanzionatorio previsto per la seconda classe di condotte riflette l’evidente distinzione, sul piano criminologico, tra due fenomeni radicalmente diversi, come questa Corte ha avuto modo di rimarcare già nella sentenza n. 331 del 2011. Nel dichiarare costituzionalmente illegittima la presunzione di adeguatezza della custodia cautelare in carcere per tutte le ipotesi abbracciate dall’art. 12 t.u. immigrazione, la Corte ha infatti osservato che «le fattispecie criminose cui la presunzione in esame è riferita possono assumere le più disparate connotazioni: dal fatto ascrivibile ad un sodalizio internazionale, rigidamente strutturato e dotato di ingenti mezzi, che specula abitualmente sulle condizioni di bisogno dei migranti, senza farsi scrupolo di esporli a pericolo di vita; all’illecito commesso una tantum da singoli individui o gruppi di individui, che agiscono per le più varie motivazioni, anche semplicemente solidaristiche in rapporto ai loro particolari legami con i migranti agevolati, essendo il fine di profitto previsto dalla legge come mera circostanza aggravante”.

Pertanto, concludono i Giudici, “Rispetto al favoreggiamento “individuale”, o “altruistico”, abbracciato nella legge italiana dall’art. 12, comma 1, t.u. immigrazione, lo straniero il cui ingresso illecito viene facilitato compare quale soggetto “beneficiario” della condotta illecita, i suoi interessi restando comunque estranei al fuoco della tutela apprestata dalla disposizione, tutta incentrata sul bene giuridico dell’ordinata gestione dei flussi migratori. Rispetto invece a svariate ipotesi aggravate previste dai commi 3, 3-bis e 3-ter, lo straniero assurge indubitabilmente a titolare degli altri beni giuridici di volta in volta tutelati, costituendo anzitutto la “vittima” della condotta criminosa, esposta ora a pericolo per la propria vita o incolumità, ora a trattamenti inumani e degradanti, ora al rischio di essere avviata alla prostituzione o sfruttata in attività lavorative, e comunque – nel caso ordinario in cui la condotta sia compiuta con finalità di profitto – costretta a sborsare ingenti somme di denaro in cambio dell’aiuto a varcare le frontiere.

Il vulnus così accertato, secondo i giudici della Consulta, può essere rimosso mediante la semplice ablazione dall’art. 12, comma 3, lettera d), del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, limitatamente alle parole «o utilizzando servizi internazionali di trasporto ovvero documenti contraffatti o alterati o comunque illegalmente ottenuti».

Per effetto di tale ablazione, i fatti di aiuto all’immigrazione clandestina commessi utilizzando servizi internazionali di trasporto, ovvero documenti contraffatti o alterati o comunque illegalmente ottenuti, ricadranno naturalmente entro la previsione normativa di cui al comma 1, soggiacendo alla cornice sanzionatoria ivi prevista, salvo che non siano applicabili altre aggravanti previste dall’art. 12. E ciò fermo restando, ovviamente, il possibile concorso con gli eventuali reati di falsità documentale che dovessero eventualmente ravvisarsi nei singoli casi.

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