La responsabilità degli insegnanti per gli atti di bullismo tra studenti

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Ultimo aggiornamento 09/10/2021

Anche una sola segnalazione da parte gli studenti, in ordine a atti violenti perpetrati dai compagni, è sufficiente a concretizzare in capo agli insegnanti un obbligo di stringente sorveglianza finalizzato all’adozione di tutte le misure idonee a prevenire tali condotte.
In caso contrario, qualora derivi un danno a un allievo, gli insegnanti sono responsabili per culpa in vigilando salvo idonea prova liberatoria.

Il principio è stato enunciato dal Tribunale di Roma, seconda sezione civile, nella sentenza n. 11249/2021 che ha definito una vicenda di violenze subite da un ragazzino di terza media.
A ricorrere ai giudici sono stati i genitori del giovane che hanno proposto una azione di risarcimento per i danni fisici, morali ed esistenziali, oltre alle spese mediche, subiti dal figlio a seguito delle condotte tenute da alcuni compagni di classe in orario scolastico.

Il ragazzo era stato oggetto di atteggiamenti violenti con calci anche nei genitali e le lesioni varie. Poiché ciò era avvenuto nell’orario di affidamento dei minori agli insegnanti, è stata in giudizio eccepita la responsabilità per culpa in vigilando degli educatori e della struttura scolastica, ai sensi degli articoli 28 Cost., 1218 c.c. e 2048, secondo comma del codice civile.

Il Tribunale ha ritenuto meritevoli di accoglimento le istanze attrici ravvisando, nel caso in esame, la denunciata responsabilità per l’omessa vigilanza in ordine alle condotte lesive tenute nei confronti del ragazzo da parte degli altri allievi.

Inoltre, riscontrata la legittimazione passiva del Ministero dell’Istruzione, stante la previsione di cui agli artt. 28 Cost. e 61 della L. 312/1980, lo stesso Tribunale ne ha ritenuto la responsabilità natura extracontrattuale sulla base dell’assunto che una responsabilità contrattuale ex art. 1218 c.c. è stata, infatti, riconosciuta dalla giurisprudenza limitatamente alle ipotesi di autolesioni procurate dall’allievo a sé stesso, atteso che non può ritenersi fatto illecito, obiettivamente antigiuridico, la condotta dell’allievo che procuri danno, non già ad un terzo, ma a sé stesso.

Al contrario, l’art. 2048, comma 2, c.c. si riferisce espressamente al danno cagionato dal fatto illecito dell’allievo, presupponendo quindi un fatto obiettivamente antigiuridico, lesivo di un terzo (Cass. civ. Sez. Unite, n. 9346/2002). Pertanto, si legge in sentenza, ai sensi di tale norma, gli insegnanti rispondono del fatto illecito dei loro allievi per il tempo in cui questi ultimi sono sotto la loro sorveglianza, salvo che provino di non aver potuto impedire il fatto.

Per andare esenti da responsabilità, in pratica, è necessario superare la presunzione di responsabilità e dimostrare “di non essere stato in grado di spiegare un intervento correttivo o repressivo dopo l’inizio della serie causale sfociante nella produzione del danno, e di aver adottato, in via preventiva, tutte le misure disciplinari o organizzative idonee ad evitare il sorgere di una situazione di pericolo favorevole al determinarsi di quella serie, commisurate all’età ed al grado di maturazione raggiunto dagli allievi in relazione alle circostanze del caso concreto, dovendo la sorveglianza dei minori essere tanto più efficace e continuativa in quanto si tratti di fanciulli in tenera età” (Cass. n. 9337/2016).

Il Tribunale ha precisato, altresì, che anche la presenza di una sola doglianza in ordine alle violenze tra compagni avrebbe comunque imposto “un obbligo di stringente sorveglianza da parte degli insegnanti, allo scopo di adottare tutte le misure idonee a prevenire simili condotte, anche alla luce della giovane età degli studenti coinvolti (alunni di terza media)”.

Secondo il Tribunale l’art. 2048 c.c. “pone una presunzione di responsabilità a carico dell’insegnante per il fatto illecito dell’allievo, collegata all’obbligo di sorveglianza scaturente dall’affidamento e temporalmente dimensionata alla durata di esso. La prova liberatoria non si esaurisce nella dimostrazione di non aver potuto impedire il fatto, ma si estende alla dimostrazione di aver adottato in via preventiva, le misure organizzative idonee ad evitarlo” (Cass. n. 916/1999).

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