La sicurezza del lavoro ed il rischio infortuni nel lavoro agile

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Il lavoro agile (o smart working) è una modalità di solgimento del rapporto di lavoro subordinato introdotta dal Capo II della legge n. 81/2017.

Ai sensi dell’art. 18 della legge n. 81/2017, il lavoro agile consiste in una prestazione di lavoro subordinato che presenta le seguenti caratteristiche essenziali:

  • regolamentazione mediante accordo tra le parti sulle modalità di esecuzione della prestazione lavorativa
  • esecuzione della prestazione lavorativa in parte all’interno di locali aziendali e in parte all’esterno, entro i limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale, previsti dalla legge e dalla contrattazione collettiva;
  • possibilità di utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa;
  • assenza di una postazione fissa durante i periodi di lavoro svolti all’esterno dei locali aziendali.

Questa modalità di svolgimento della prestazione è soggetta al preventivo accordo delle parti e alla reciproca valutazione discrezionale. Non è configurabile, pertanto, un diritto del dipendente ad essere ammesso al lavoro agile, mentre il lavoro agile non può essere imposto al lavoratore.

L’elemento distintivo del lavoro agile è l’accordo individuale, redatto in forma scritta ai fini della regolarità amministrativa e della prova.

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L’accordo individuale sulle modalità di lavoro agile, nonché ogni sua eventuale modifica, deve essere comunicato obbligatoriamente al Centro per l’impiego competente per territorio.

La prestazione lavorativa deve essere eseguita senza vincoli di orario, purché entro i limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale, derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva.

Quanto al luogo di lavoro, il lavoratore agile svolge la propria attività in parte all’interno e in parte all’esterno dei locali aziendali, senza avere una postazione fissa.

Per la parte di prestazione resa al di fuori dei locali aziendali, il lavoratore gode di un ampio margine discrezionale nella scelta del luogo in cui adempierla: potrà trattarsi della sua abitazione, di luoghi di coworking o di un’altra sede aziendale. Spesso è la stessa contrattazione aziendale a prevedere delle limitazioni.

Il tema della sicurezza sul lavoro ha le sue fonti normative, oltre che nell’art. 2087 c.c., negli artt. 32 e 41 Cost., nei d.p.r. n. 547 del 1955 e n. 303 del 1956, nella Direttiva europea n. 391 del 1992, nel T.U. n. 81 del 2008 e nell’art. 9 Statuto lav.

In tema di lavoro agile, l’art. 22 della legge n. 81/2017 prevede l’obbligo del datore di lavoro di garantire la salute e la sicurezza del lavoratore che svolge la prestazione in modalità di lavoro agile. A tal fine, egli deve consegnare al lavoratore e al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza un’informativa scritta, in cui siano individuati i rischi, generali e specifici, connessi alla particolare modalità di esecuzione del rapporto di lavoro.

L’art. 23 della l. n. 81/2017, dopo aver esteso espressamente la tutela assicurativa Inail al lavoratore “agile” (comma 2), prevede (comma 3) la sussistenza dell’infortunio sul lavoro qualora l’evento lesivo sia in diretta connessione con la prestazione lavorativa, e ciò anche relativamente all’infortunio in itinere.

La prestazione svolta dal lavoratore agile segue, pertanto, le medesime logiche di assicurabilità delle altre tipologie di lavoratori, con esclusione del c.d. rischio elettivo, ossia di quel rischio derivante da un comportamento volontario del lavoratore, abnorme e svincolato da qualsiasi caso di forza maggiore, in conseguenza del quale si è verificato un infortunio sul lavoro.

Anche l’Inail è intervenuta con la Circolare n. 48/2017, equiparando i lavoratori ‘smart’ a quelli ‘classici’, senza tuttavia risolvere la questione dei confini della responsabilità datoriale per la salute e sicurezza del lavoratore all’esterno dei luoghi di lavoro, dato che – secondo quanto stabilito nell’accordo tra le parti – la prestazione di lavoro potrebbe potenzialmente essere svolta, oltre che all’interno della propria abitazione, in spazi di coworking, in luoghi pubblici o in spazi dedicati allo svago.
Non è in concreto possibile pretendere dal datore di lavoro l’esercizio di un controllo sul luogo esterno scelto dal lavoratore agile, per garantirne la sicurezza.

Atteso che la parte datoriale non ha né il controllo né tanto meno l’accesso al luogo di lavoro esterno all’azienda scelto dal lavoratore, sembra ragionevole circoscrivere la portata degli obblighi in capo al datore ai soli adempimenti che questi è in grado di porre in essere e non sconfinare in ipotesi di responsabilità oggettiva, fattispecie che si porrebbe in controtendenza rispetto alla giurisprudenza italiana ed europea.

Come detto, l’imprenditore deve adottare tutte quelle misure che, secondo la particolarità del lavoro in concreto svolto dai dipendenti, si rendano necessarie a tutelare l’integrità fisica dei lavoratori, ai sensi dell’art. 2087 c.c.

Vi sono, tuttavia, delle esclusioni.

La condotta colposa del lavoratore infortunatosi sul luogo di lavoro può escludere la responsabilità datoriale nell’ipotesi in cui il comportamento del lavoratore, e le sue conseguenze, presentino i caratteri dell’eccezionalità e dell’abnormità; oppure allorquando il rischio sia stato generato da un’attività che non sia connessa con lo svolgimento dell’attività lavorativa o che esorbiti del tutto dai suoi limiti.

È utile, per qualificare come infortunio l’incidente occorso al lavoratore agile entro le mura domestiche, richiamare la giurisprudenza sul c.d. infortunio in itinere.

La giurisprudenza è, infatti, costante nell’affermare che l’assicurazione sugli infortuni copre anche il c.d. rischio improprio, cioè il rischio che, pur non essendo intrinsecamente connesso alla prestazione lavorativa, sia determinato da attività ad essa strumentale.

Sulla base di tale principio, è stato già affermato che il lavoratore è assicurato anche per gli spostamenti spaziali esterni al luogo di lavoro, inclusi quelli tra il luogo di abitazione e quello di lavoro, con l’unico limite del c.d. rischio elettivo. È così indennizzato l’infortunio occorso al lavoratore fuori dal luogo di lavoro, ad esempio nel caso venga investito da un’automobile mentre rientra a casa; o in occasione di incidente automobilistico causato dallo stesso lavoratore.

Non mancano, tuttavia, casi in cui la Suprema Corte ha offerto un’interpretazione restrittiva del principio di indennizzabilità del c.d. rischio improprio, escludendo, ad esempio, che operi nel caso in cui il lavoratore sia scivolato con il motorino sulla rampa del garage al rientro a casa dopo il lavoro.

Al contrario, un’altra decisione ha qualificato come infortunio in itinere l’incidente avvenuto sui gradini esterni del portone di casa, perché in tal caso il soggetto assicurato si trovava già sulla pubblica strada.
E ancora la Suprema Corte ha riconosciuto l’infortunio sul lavoro nel caso del lavoratore caduto dalle scale del condominio e che, durante l’orario di lavoro, era tornato a casa a prendere un attrezzo necessario per lo svolgimento della prestazione.

La Suprema Corte, alla ricerca di un criterio per individuare il confine tra rischio assicurato e non18, ha affermato che l’occasione di lavoro non può essere ravvisata nell’infortunio avvenuto nell’abitazione del lavoratore, perché lì il nesso tra occasione ed evento lesivo non sarebbe ravvisabile con la stessa intensità, essendo l’abitazione normalmente destinata all’espletamento «delle occupazioni quotidiane e personali del lavoratore»; parimenti, non può essere ravvisata nell’infortunio avvenuto sulle scale condominiali, in quanto pertinenze dell’abitazione.

Tuttavia, il principio sul quale si è basata la giurisprudenza in materia di infortunio in itinere è pur sempre quello per cui rileva «il rapporto finalistico o strumentale» del rischio assicurato rispetto all’esecuzione della prestazione di lavoro20. Non si comprende, quindi, perché debba darsi rilievo decisivo all’elemento ‘spazio’ e ci si domanda perché la porta di casa o il cancello del condominio debbano costituire il criterio discretivo tra eventi assicurati e non, quando il principio fondamentale è quello, previsto dall’art. 2 del T.U. n. 1124/1965, dell’occasione di lavoro.

L’occasione di lavoro dovrebbe, ad esempio, ravvisarsi anche per l’infortunio avvenuto nell’abitazione mentre si indossano gli abiti da lavoro. Potrebbe così considerarsi infortunio in occasione di lavoro quello del lavoratore che si veste nel tempo immediatamente precedente l’orario di uscita da casa per recarsi al lavoro.

Il criterio, al pari di quanto avviene durante il tragitto casa-lavoro, dovrebbe essere quello stabilito dall’art. 12 d.lgs. n. 38/2000, e cioè la sussistenza di un’interruzione o di un’alterazione della sequenza dei normali e necessitati gesti quotidiani che il lavoratore deve svolgere per adempiere la prestazione lavorativa. Così, ad esempio, appare logica l’esclusione dell’infortunio capitato nell’alloggio di servizio al lavoratore che scivola mentre esce dalla doccia, e appare altrettanto logica l’inclusione dell’infortunio subìto dal benzinaio durante una rapina avvenuta nel domicilio dello stesso e finalizzata ad acquisire l’incasso della giornata.

Tale criterio interpretativo sembra già trovare campo nel contesto delle modalità di lavoro ‘smart’. Recentemente, l’Inail ha accolto la richiesta presentata da una lavoratrice agile, a seguito di una caduta nell’ambiente domestico durante una telefonata di lavoro con una collega: l’Inail ha qualificato l’episodio come infortunio sul lavoro e riconosciuto il diritto della lavoratrice a percepire un indennizzo. Tale provvedimento amministrativo costituisce un importante riferimento per i dipendenti che lavorano al di fuori dell’azienda in regime di smart working.

In altre parole, ai fini dell’indennizzabilità dell’evento infortunistico saranno necessari specifici accertamenti volti a verificare la sussistenza dei presupposti sostanziali della tutela e, in particolare, se l’attività svolta dal lavoratore al momento dell’evento infortunistico sia in stretto collegamento con quella lavorativa, in quanto necessitata e funzionale alla stessa, sebbene svolta all’esterno dei locali aziendali.

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