Lavoro straordinario: il servizio prestato dai dipendenti pubblici in misura superiore al numero delle ore disponibili non può essere retribuito – Cons. Stato sent. nr. 602/07 del 21.11.2006

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Ultimo aggiornamento 22/07/2013

Lavoro straordinario: il servizio prestato dai dipendenti pubblici in misura superiore al numero delle ore disponibili non può essere retribuito. Questo è quanto il Consiglio di Stato ha deciso in ordine ad una controversia che ha visto, come ricorrenti, militari della Guardia di Finanza: lo straordinario, prestato in eccedenza al monte ore disponibile, deve essere compensato con i giorni di riposo e non con la retribuzione, sia per tutelare l’ integrità psico – fisica dei lavoratori, sia per garantire il buon andamento e la corretta gestione della pubblica amministrazione. Infatti può essere retribuito soltanto lo straordinario per il cui svolgimento è stata concessa l’autorizzazione e per il quale è prevista la copertura finanziaria.

 

Cons. Stato, sez. IV, sent. nr. 602/07 del 21.11.2006 – dep. 12.02.2007

 

Cons. Stato, sez. IV, sent. nr. 602/07 del 21.11.2006 – dep. 12.02.2007

 

N.602/2007

Reg. Dec.

N. 3731 Reg. Ric.

Anno 2006

R E P U B B L I C A I T A L I A N A

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 3731/2006 proposto dal Ministero dell’economia e delle finanze – Comando generale del Corpo della Guardia di Finanza, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la quale domicilia in Roma Via dei Portoghesi n. 12;

contro

i sigg………………., rappresentati e difesi dagli avvocati …………………, con domicilio eletto in Roma ……………..presso lo studio dell’ultimo

per l’annullamento

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia- I Sez. 16.1.2006 n. 13;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione degli appellati;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore alla Camera di consiglio del 21 novembre 2006 il Consigliere A. Anastasi; udito l’avvocato dello Stato Greco e l’avvocato …….;

Considerato quanto segue in:

FATTO

I militari appellati, tutti appartenenti al Corpo della Guardia di Finanza, hanno ottenuto dal Presidente del T.A.R. adito un decreto ingiuntivo per il pagamento delle ore di servizio straordinario da essi prestato nel periodo dal dicembre 1996 al dicembre del 2001.

L’Amministrazione ha proposto opposizione, contestando sotto vari profili la pretesa dei ricorrenti.

Con la sentenza in epigrafe indicata il Tribunale ha respinto l’opposizione osservando che gli interessati, non avendo potuto fruire del riposo compensativo, hanno diritto al pagamento delle ore di servizio effettivamente prestate in eccedenza al normale orario lavorativo.

Avverso tale statuizione ha proposto appello il Ministero dell’Economia e delle Finanze – Comando generale della Guardia di Finanza chiedendone la riforma in quanto – a suo avviso – palesemente erronea.

Secondo l’Amministrazione, infatti, le ore di lavoro straordinario prestate in eccedenza all’orario di lavoro e non rientranti nel monte ore di lavoro straordinario liquidabile avrebbero potuto dar luogo soltanto al riconoscimento di ore di riposo compensativo, per la cui fruizione era sempre necessaria (secondo le disposizioni contenute nel “Nuovo regolamento interno della Guardia di Finanza” e nella circolare 288000/6212 del 28 settembre 2001 del Comando generale della Guardia di Finanza) l’apposita richiesta dell’interessato ai propri superiori gerarchici, circostanza che non si era verificata nel caso di specie.

Inoltre, sempre secondo l’Amministrazione appellante, gli interessati non hanno provato di aver effettivamente svolto le ore di lavoro straordinario di cui avevano chiesto ed ottenuto il pagamento in base alla necessaria preventiva autorizzazione; ciò senza contare che la Guardia di Finanza si limita a gestire il monte ore straordinario stabilito dalla Prefettura competente, unico organo competente anche ad autorizzare l’eventuale sforamento del monte ore stesso e, peraltro, non evocato in giudizio.

Gli appellati, costituitisi in giudizio, hanno dedotto l’inammissibilità e l’infondatezza dell’avverso gravame.

All’Udienza del 21 novembre 2006 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

L’appello è fondato e va pertanto accolto, alla luce dell’indirizzo giurisprudenziale ormai del tutto prevalente nella Sezione. ( cfr. ad es. IV Sez. n. 996 del 2006).

Ciò comporta, nella sostanza, che il servizio straordinario prestato dagli odierni appellati in eccedenza al monte ore disponibile non può essere retribuito ma che, in relazione allo stesso, gli interessati hanno titolo a fruire del riposo compensativo.

Ed è al riguardo doveroso che l’Amministrazione, onde dare corretta e tempestiva esecuzione alla presente decisione ed onde evitare l’insorgere di ulteriori controversie in fase di ottemperanza, si attivi d’ufficio per la concessione dei riposi in questione.

Tanto premesso in sintesi, occorre innanzitutto ricordare che nell’ambito del rapporto di pubblico impiego, la circostanza che il dipendente abbia effettuato prestazioni eccedenti l’orario d’obbligo, non è da sola sufficiente a radicare il suo diritto alla relativa retribuzione (e l’obbligo dell’Amministrazione di corrisponderla), atteso che, altrimenti, si determinerebbe quoad effectum l’equiparazione del lavoro straordinario autorizzato rispetto a quello per il quale non è intervenuto alcun provvedimento autorizzativo, compensando attività lavorative svolte in via di fatto non rispondenti ad alcuna riconosciuta necessità (C.d.S., sez. V, 23 marzo 2004, n. 1532).

La retribuibilità del lavoro straordinario è, infatti, in via di principio condizionata all’esistenza di una formale autorizzazione allo svolgimento di prestazioni di lavoro eccedenti l’ordinario orario di lavoro: detta autorizzazione svolge una pluralità di funzioni, tutte riferibili alla concreta attuazione dei principi di legalità, imparzialità e buon andamento cui, ai sensi dell’articolo 97 della Costituzione, deve essere improntata l’azione della pubblica Amministrazione.

Sotto un primo profilo, l’autorizzazione in parola (che di regola deve essere preventiva, ma che tuttavia può assumere eccezionalmente anche la forma del provvedimento in sanatoria, ex post) implica la verifica in concreto della sussistenza delle ragioni di pubblico interesse che rendono necessario il ricorso a prestazioni lavorative eccedenti l’orario normale di lavoro (ex pluribus, C.d.S., sez. IV, 24 dicembre 2003, n. 8522; sez. V, 10 febbraio 2004, n. 472, 27 giugno 2001, n. 3503; 8 marzo 2001, n. 1352; sez. VI, 14 marzo 2002, n. 1531); inoltre, essa rappresenta lo strumento più adeguato per evitare, per un verso, che attraverso incontrollate erogazioni di somme per prestazioni di lavoro straordinario si possano superare i limiti di spesa fissati dalle previsioni di bilancio (con grave nocumento dell’equilibrio finanziario dei conti pubblici) e, per altro verso, che i pubblici dipendenti siano assoggettati a prestazioni lavorative che, eccedendo quelle ordinarie (individuate come punto di equilibrio fra le esigenze dell’Amministrazione e il rispetto delle condizioni psico – fisiche del dipendente), possano creare a quest’ultimo nocumento alla sua salute e alla sua dignità di persona.

Sotto altro concorrente profilo, poi (e con particolare riferimento al principio del buon andamento), la formale preventiva autorizzazione al lavoro straordinario deve costituire per l’Amministrazione anche lo strumento per l’opportuna ed adeguata valutazione delle concrete esigenze dei propri uffici (quanto al loro concreto funzionamento, alla loro effettiva capacità di perseguire i compiti ed espletare le funzioni attribuite dalla legge, nonché alla organizzazione delle risorse umane ed alla loro adeguatezza), onde evitare che il sistematico ed indiscriminato ricorso alle prestazioni straordinario costituisca elemento di programmazione dell’ordinario lavoro di ufficio.

La preventiva autorizzazione allo svolgimento di prestazioni lavorative straordinarie costituisce, d’altra parte, assunzione di responsabilità, gestionale e contabile, per il dirigente che la emette; e ciò sia nel caso che per tale svolgimento sia preventivamente stabilita l’erogazione del relativo compenso, sia nel caso che lo stesso dia luogo, per il lavoratore, ad un “credito” in termini di riposo compensativo, in entrambi i casi l’autorizzazione de qua incidendo sul buon andamento del servizio e sulla economica ed efficiente gestione delle risorse umane, facente capo al dirigente.

Benché la giurisprudenza abbia affermato che il principio della indispensabilità dell’autorizzazione allo svolgimento del lavoro straordinario possa subire eccezione quando l’attività (eccedente l’ordinario orario di lavoro) sia svolta per obbligo d’ufficio (al riguardo si parla di autorizzazione implicita), tuttavia, per l’imprescindibile rispetto dei principi costituzionali sopra ricordati, deve pur sempre trattarsi di esigenze indifferibili ed urgenti (C.d.S., sez. V, 9 marzo 1995, n. 329).

Il contemperamento della pluralità degli interessi (pubblici e privati) in gioco in tale materia (rispetto delle previsioni di bilancio, continuità ed effettività del funzionamento degli uffici pubblici, tutela dell’integrità psico – fisica e della dignità del prestatore di lavoro) cui risponde la funzione dell’autorizzazione allo svolgimento di lavoro straordinario, deve far valutare positivamente, ad avviso della Sezione, quelle misure – in alcuni casi già concretamente adottate dalla pubblica Amministrazione – che, in presenza di accertate, indilazionabili e quotidiane esigenze di servizio, anche per rispettare i ristretti limiti finanziari entro cui è consentito liquidare le prestazioni di lavoro straordinario, prevedono la possibilità di compensare le predette prestazioni lavorative straordinarie con “riposi compensativi”, in modo da salvaguardare altresì l’integrità psico – fisica del lavoratore.

Tali principi, ad avviso della Sezione, devono trovare applicazione anche per il rapporto di pubblico impiego dei militari.

Se è vero, infatti, che il particolare status di questi ultimi, non solo non consente loro in via generale di contestare l’organizzazione degli uffici e dei servizi cui sono addetti e le concrete modalità di svolgimento delle loro prestazione, per quanto li obbliga alla effettiva e completa prestazione lavorativa loro ordinata, non può ammettersi che gli ordini di servizio (vale a dire quei peculiari provvedimenti dell’Amministrazione militare attraverso i quali viene, anche quotidianamente, organizzato il lavoro d’ufficio, fissando le puntuali modalità di esecuzione) costituiscano, automaticamente ed implicitamente, autorizzazione allo svolgimento di prestazioni lavorative eccedenti l’ordinario orario di lavoro.

Diversamente opinando, del resto, verrebbero, da un lato, ad essere frustate le finalità di garanzia del buon andamento dell’Amministrazione (come sopra delineate, che interessano necessariamente anche l’Amministrazione militare) cui indubbiamente risponde il provvedimento di autorizzazione e, dall’altro, in palese violazione del principio di legalità e di imparzialità, finirebbero per essere di fatto attribuite potestà autorizzatorie alla effettuazione di lavoro straordinario (con i conseguenti riflessi sulla spesa e sulla gestione del personale) a soggetti che, in base alla ripartizione di competenze propria della scala gerarchica, tale specifica competenza non hanno (e non possono avere).

La ricerca del delicato punto di equilibrio tra la pluralità degli interessi pubblici e privati in gioco (così come accennati) impone, ad avviso della Sezione, la fissazione in materia di alcuni principi fondamentali inderogabili, laddove manchi la formale autorizzazione preventiva allo svolgimento del lavoro straordinario (nell’intesa che tale situazione di mancanza del formale titolo autorizzativo deve considerarsi come eccezione e non come regola generale): a) le prestazioni eccedenti l’ordinario orario di servizio devono essere sempre trovare fondamento in esigenze indifferibili ed urgenti, cui non può farsi fronte, almeno nell’immediatezza, con una nuova o diversa organizzazione del servizio e delle singole modalità lavorativa (ciò a pena di responsabilità amministrativa, contabile e/o gestionale dell’ufficiale o sottufficiale che ne consente l’espletamento); b) i militari, cui è ordinato lo svolgimento di prestazioni lavorative eccedenti l’ordinario orario di lavoro, hanno diritto sempre al corrispettivo della loro attività che, previa preventiva informazione, consiste generalmente nel pagamento della relativa retribuzione, nei limiti del monte – ore per il quale vi è la relativa copertura finanziaria, ovvero nella maturazione di riposi compensativi corrispondenti alle ore di lavoro effettivamente prestati, eccedenti il limite del monte – ore retribuibile, da fruirsi compatibilmente con le esigenze di servizio, cioè contemperando ragionevolmente ed equamente le esigenze (anche psico – fisiche) del dipendente e quelle dell’organizzazione del lavoro e degli uffici, non potendo essere considerate legittime quelle eventuali disposizioni (di natura provvedimentale o regolamentare) che sottopongano l’effettivo godimento dei predetti riposi compensativi ad apposite formali richieste da prodursi in tempi e secondo procedure fissate unilateralmente dall’Amministrazione militare, il cui mancato rispetto produce la perdita del beneficio stesso.

Ciò premesso, nel caso in esame la controversia riguarda in effetti il (mancato) pagamento delle ore di lavoro straordinario prestate eccedenti il limite massimo pro – capite liquidabile secondo il monte ore previsto (rispetto al quale era assicurata la relativa copertura finanziaria) per le quali non risulta in primo luogo fornita alcuna prova dell’effettiva autorizzazione preventiva a svolgere le prestazioni straordinarie della cui liquidazione si discute.

Né possono essere considerati sostitutivi di tale autorizzazione gli atti prodotti in giudizio, ancorché provenienti dalla stessa Amministrazione, trattandosi di meri prospetti riassuntivi delle prestazioni lavorative rese complessivamente e mensilmente da ogni singolo dipendente, senza fornire alcun elemento circa il provvedimento autorizzatorio alla svolgimento di prestazioni eccedenti l’orario d’obbligo, le cui finalità sono state delineate in precedenza.

Né vi è traccia, in atti, di una autorizzazione in sanatoria, non potendo ritenersi a tal fine utile la circostanza che le prestazioni svolte dagli appellanti siano state rese in esecuzione di appositi ordini di servizio, atteso che, come si è già avuto modo di osservare, la particolare natura dell’ordinamento militare, cui appartengono gli appellati, fa ragionevolmente ritenere che qualsiasi attività espletata sia sempre direttamente ricollegabile ad un ordine di servizio, senza che perciò quest’ultimo possa automaticamente ed implicitamente valere come provvedimento autorizzativo allo svolgimento di lavoro oltre l’orario d’obbligo.

Del resto, proprio per la peculiarità dello status di militare e per l’esigenza di assicurare l’effettivo svolgimento di funzioni e compiti che non ammettono in alcun modo una interruzione, l’Amministrazione appellante ha effettivamente provveduto a disciplinare anche l’ipotesi di prestazioni orarie aggiuntive e del riposo compensativo (articolo 44 del D.M. 30 novembre 1991 concernente “Nuovo regolamento di Servizio Interno della Guardia di Finanza”), prevedendo, in particolare, che per le prestazioni di lavoro straordinario non retribuibili in quanto eccedenti il monte – ore finanziato il dipendente ha diritto a corrispondenti ore di riposo compensativo, di cui può fruire, previa apposita richiesta da formulare all’ufficio di appartenenza, secondo le esigenze di servizio.

In tal modo, risulta sufficientemente (nonché correttamente ed adeguatamente) tutelata, in uno con il principio di buon andamento dell’Amministrazione, anche la posizione del dipendente che ha effettivamente svolto prestazioni lavorative eccedenti l’orario d’obbligo, sotto il profilo della sua integrità psico – fisica e della dignità della sua persona.

Le modalità operative così stabilite dall’Amministrazione, se valgono a correttamente disciplinare i casi di prestazioni di lavoro straordinario debitamente autorizzate preventivamente, non possono certo ritenersi idonee a “coprire” anche l’ipotesi del lavoro straordinario prestato in assenza di preventiva autorizzazione, svolto cioè per effetto di ordini di servizio provenienti da soggetti della scala gerarchica a tale autorizzazione non abilitati, ordini cui, per il suo particolare status, il militare non può non adempiere.

In tal caso, invero, ferma la responsabilità amministrativa e disciplinare dei soggetti che tali prestazioni abbiano consentito od ordinato fuori dell’ordinario schema autorizzatorio e ferma, altresì, la non retribuibilità delle stesse in virtù della loro non riconducibilità ad un preventivo impegno di spesa per tale specifico titolo, devono comunque ritenersi spettare al dipendente interessato i corrispondenti riposi compensativi, a tutela della predetta dignità della persona ed a fini di reintegrazione della sua sfera psico-fisica, lesa dalle prestazioni lavorative in più rese, trattandosi di un vero e proprio diritto che, all’evidenza, non può essere sottoposto a decadenza per effetto della mera disciplina interna dell’Amministrazione (tanto più quando i termini ivi previsti siano irragionevoli e arbitrari, l’onere della richiesta ivi previsto essendo da considerarsi solo come un semplice strumento per consentire all’Amministrazione di porre in essere le opportune misure per contemperare le proprie esigenze organizzative con il diritto al godimento dei riposi compensativi).

Alla stregua di tali considerazioni, l’appello deve essere accolto: a ciò consegue, in riforma della impugnata sentenza, l’accoglimento dell’opposizione al decreto ingiuntivo proposto dal Ministero delle Finanze (Comando generale della Guardia di Finanza) e la revoca dell’opposto decreto ingiuntivo.

Sussistono tuttavia, ad avviso della Sezione, giusti motivi per compensare interamente tra le parti le spese del doppio grado di giudizio (ivi compresi quelli della fase monitoria).

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando accoglie l’appello e per l’effetto, in integrale riforma della sentenza impugnata e in accoglimento dell’opposizione proposta dall’Amministrazione, revoca il decreto ingiuntivo n. 34 del 2003 emesso dal Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia.

Dichiara interamente compensate tra le parti le spese del doppio grado di giudizio (ivi comprese quelle della fase monitoria).

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, il 21 novembre 2006 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, nella Camera di consiglio con l’intervento dei Signori:

Pier Luigi LODI Presidente, f.f.

Antonino ANASTASI estensore Consigliere

Vito POLI Consigliere

Calo SALTELLI Consigliere

Salvatore CACACE Consigliere

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE f.f.

Antonino Anastasi Pier Luigi Lodi

IL SEGRETARIO

Giacomo Manzo

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

12 febbraio 2007

(art. 55, L. 27.4.1982 n. 186)

Il Dirigente

Antonio Serrao

– –

N.R.G. 3731/2006

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