Le borse di studio che un Ente concede ai figli dei dipendenti pubblici per meriti scolastici devono essere sempre considerate esentasse senza che sia necessario comprovarne l’effettiva fruizione.
Invero, l’articolo 51, comma 2, lettera f-bis) del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR) prevede che non concorrono a formare il reddito da lavoro dipendente le somme, i servizi e le prestazioni erogati dal datore di lavoro alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti per la fruizione, da parte dei familiari indicati nell’articolo 12, di servizi di educazione e istruzione, comprese le borse di studio.
L’Agenzia delle Entrate ha chiarito questo aspetto con la risposta n. 231 del 28 novembre 2024, sottolineando come tali borse rappresentino semplicemente un premio per il raggiungimento di particolari traguardi da parte degli studenti figli di dipendenti della PA, facendo riferimento all’articolo 51 comma 2 del TUIR.
La novità consiste nel fatto che in precedenti documenti di prassi, come ad esempio la circolare n. 238/E del 22 dicembre 2000, l’Agenzia aveva inizialmente indicato che l’esclusione dal reddito era applicabile qualora il datore di lavoro avesse acquisito e conservato la documentazione comprovante l’utilizzo delle somme da parte del dipendente in modo coerente con le finalità per le quali sono state corrisposte.
Tuttavia, nella risposta n. 231/2024, l’Agenzia ha precisato che tale indicazione si riferisce ai servizi di educazione e istruzione, come mense e ludoteche, e non alle borse di studio erogate per meriti scolastici per le quali, dunque, non è necessario produrre alcuna documentazione relativa alle le modalità di utilizzo.