Legittima Norma che esclude la tenuità del fatto per i reati commessi contro pubblici ufficiali

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Ultimo aggiornamento 21/05/2022

Costituzionalmente legittima la norma che esclude la tenuità del fatto per i reati commessi contro pubblici ufficiali

Con Ordinanza n. 82/2022 del 31 marzo 2022 la Corte Costituzionale ha dichiarato non fondata la questione di legittimità Costituzionale dell’art. 131-bis secondo comma, secondo periodo, del codice penale, nella parte in cui, agli effetti dell’applicazione della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto, stabilisce che l’offesa non può essere ritenuta di particolare tenuità nei casi di cui all’art. 337 cod. pen., quando il reato è commesso nei confronti di un ufficiale o agente di pubblica sicurezza o di polizia giudiziaria nell’esercizio delle proprie funzioni.

A sollevare la questione era stato il Tribunale ordinario di Lecco, in occasione di un processo per resistenza a pubblico ufficiale nei confronti di persona che, in stato di ebbrezza e a bordo di un treno sul quale si trovava sprovvisto del titolo di viaggio, usava minaccia per opporsi a due agenti della polizia ferroviaria, che stavano procedendo alla sua identificazione.

L’eccezione di costituzionalità veniva sollevata in riferimento all’art. 3, primo comma, della Costituzione poiché, secondo il rimettente, il fatto, commesso da persona incensurata, sarebbe connotato da particolare tenuità, per non avere realmente intralciato l’attività di identificazione, né essere trasceso in violenza fisica ragion per cui la disposizione censurata sarebbe irragionevole, in quanto aprioristicamente escluderebbe per il reato di resistenza a pubblico ufficiale l’applicazione della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto, della quale potrebbero invece beneficiare gli autori di reati di eguale o maggiore gravità, quali l’abuso d’ufficio, il rifiuto e l’omissione di atti d’ufficio, l’oltraggio a un corpo politico, amministrativo o giudiziario, la turbata libertà degli incanti e le lesioni personali in danno del pubblico ufficiale.

Peraltro, sempre secondo il Tribunale di Lecco, l’irragionevolezza della disposizione censurata emergerebbe anche da un raffronto con le altre ipotesi di esclusione della causa di non punibilità previste nel secondo comma dell’art. 131-bis cod. pen., che atterrebbero effettivamente alla tenuità del fatto, laddove invece la deroga stabilita dalla disposizione censurata si risolverebbe in una prerogativa meramente soggettiva, che collocherebbe «il pubblico ufficiale su un piano di superiorità rispetto al privato, attribuendo al primo una tutela rafforzata tipica degli stati autoritari»; che, in violazione del principio di uguaglianza, il legislatore avrebbe cioè definito «una categoria di cittadini in qualche modo “infallibili” solo perché investiti di un pubblico ufficio»;

Infine, la norma censurata sarebbe altresì irragionevole laddove non tutela parimenti l’incaricato di pubblico servizio.

I Giudici della Consulta hanno ritenuto la questione manifestamente infondata per le ragioni che seguono:

In primo luogo, la Corte ricorda che con sentenza n. 30 del 2021 la questione è già stata dichiarata non fondata, con motivazione che ha richiamato il principio per cui «le cause di non punibilità costituiscono altrettante deroghe a norme penali generali, sicché la loro estensione comporta strutturalmente un giudizio di ponderazione a soluzione aperta tra ragioni diverse e confliggenti, in primo luogo quelle che sorreggono da un lato la norma generale e dall’altro la norma derogatoria, giudizio che appartiene primariamente al legislatore», e proprio da questa premessa la medesima sentenza ha desunto che «le scelte del legislatore relative all’ampiezza applicativa della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen. sono sindacabili soltanto per irragionevolezza manifesta».

Inoltre, la scelta del legislatore di escludere dal campo di applicazione dell’esimente di tenuità il reato di resistenza a pubblico ufficiale non è stata giudicata manifestamente irragionevole, poiché essa «corrisponde all’individuazione discrezionale di un bene giuridico complesso, ritenuto meritevole di speciale protezione», giacché non limitato al corretto funzionamento della pubblica amministrazione, ma inclusivo della sicurezza e libertà di determinazione delle persone fisiche che esercitano le pubbliche funzioni.

Secondo i Giudici Costituzionali, al metro dell’art. 3 Cost., la citata sentenza ha escluso l’omogeneità dei tertia comparationis dell’abuso d’ufficio e del rifiuto di atti d’ufficio, «poiché queste fattispecie delittuose, per quanto incidano anch’esse sul regolare funzionamento della pubblica amministrazione, non vedono tuttavia direttamente coinvolta la sicurezza e la libertà della persona fisica esercente la funzione pubblica, intesa quale soggetto passivo del reato». Invero, per la medesima sentenza, non rileva ai fini dello scrutinio di ragionevolezza che tale coinvolgimento personale ricorra nella fattispecie aggravata ex artt. 576, primo comma, numero 5-bis), 582 e 585 cod. pen., poiché questa, «ove la condotta causativa delle lesioni sia teleologicamente collegata a una resistenza nei confronti del pubblico ufficiale, e sia quindi diretta a intralciare il regolare funzionamento della pubblica amministrazione, ricade senz’altro nell’esclusione dell’esimente di tenuità prevista per il titolo di reato di cui all’art. 337 cod. pen.»;

In conclusione, poichè l’ordinanza di rimessione del Tribunale di Lecco non apporta argomenti nuovi e diversi rispetto alle richiamate considerazioni, la questione con essa sollevata si rivela manifestamente infondata (ex multis, ordinanze n. 224, n. 214, n. 165 e n. 111 del 2021, n. 204, n. 93 e n. 81 del 2020).

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