«Meglio il poliziotto di quartiere», intervista al Segretario generale Felice Romano: «Le ronde non servono»

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«Meglio il poliziotto di quartiere» Intervista* a Felice Romano, Segretario generale del Siulp

«Delle ronde non c’era alcuna necessità e potrebbero essere pericolose»

di Natalia Andreani

ROMA. «La risposta c’era già e si chiama poliziotto di quartiere. Purtroppo il Governo l’ha messa in soffitta». Felice Romano, Segretario generale del Siulp, il Sindacato unitario dei lavoratori di polizia non ha dubbi. «Delle ronde non c’era alcuna necessità». Men che meno «di ronde che a tutto rispondono tranne che al ruolo buonista che gli si vuole attribuire».

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Nel 2001 Berlusconi aveva fatto del poliziotto di quartiere uno dei punti del famoso contratto con gli italiani. Che fine ha fatto il progetto di sviluppo della polizia di prossimità?

«Gli organici di poliziotti e carabinieri addetti al servizio dovevano aumentare costantemente. Ma dopo il 2006 le risorse non ci sono più state e da allora siamo fermi: 3.071 agenti per 748 zone nei 103 capoluoghi di provincia».

Eppure la polizia di prossimità doveva essere la risposta europea alle mutate esigenze della popolazione in materia di sicurezza. E in molti stati dell’Unione l’iniziativa è stata, e viene, portata avanti con ottimi risultati. In Italia invece la percezione di insicurezza da parte dei cittadini sembra crescere.

«La percezione aumenta anche a fronte di un calo dei reati, se il governo continua a procurare allarme e a utilizzare l’argomento sicurezza come una clava pronta a calare sulle nostre teste».

I risultati della sperimentazione condotta per quattro anni, però, erano buoni, anche se limitati alle esigue forze in campo.

«Ottimi. L’esperienza dei poliziotti di quartiere destinati al pattugliamento di aree designate in sede prefettizia era stata giudicata da tutti più che positiva. Quella era la giusta via per ottenere la partecipazione dei cittadini al controllo del territorio. Tant’è che il concetto è parte integrante dei patti per la sicurezza sottoscritti da numerosi enti locali. A questo si doveva aggiungere una riorganizzazione delle Forze di polizia: un piano di razionalizzazione, fattibile a costo zero e a leggi vigenti, che da tempo chiediamo e che avrebbe portato altri risultati tangibili».

Invece?

«Invece, nonostante i proclami, per le Forze dell’ordine sono arrivati solo tagli impietosi. Tagli sui fondi per l’ordinaria gestione, tagli sul personale. Solo Brunetta cancellerà tre miliardi di euro in tre anni. Quarantamila agenti stanno rischiando il pensionamento coatto e il blocco del turn over nel 2012 provocherà 12mila vuoti solo negli organici di polizia (15mila nel 2017)».

Le ronde autorizzate dal Governo, dunque, a che logica rispondono?

«Ciò che posso dire è che in Parlamento giacciono numerosi progetti di legge ispirati al concetto di polizia sussidiaria. Progetti che puntano a delegare ai privati ampi settori della sicurezza. Quanto ai pericoli insiti nelle ronde, basti pensare a cosa può accadare in alcune aree del Sud dove le infiltrazioni della criminalità organizzata sono tanto forti da costringere il Ministero dell’interno a commissariare i Comuni. Le ronde potrebbero persino porre in atto strategie di depistaggio, sviare il controllo da particolari porzioni di territorio. Nessuno, al contrario, può mettere in discussione la terzietà dell’azione che solo le Forze di polizia possono garantire a tutti.

* Pubblicata sull’edizione del 24 febbraio 2009 sui quotidiani “Città” (pag. 2),  “Corriere di Romagna” (pag. 5) e “Nuova Sardegna” (pag. 10).

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