La nomina a Vice Ispettore per le partecipanti al primo corso di formazione successivo all’assenza dal lavoro per maternità deve avere la medesima decorrenza, ai fini giuridici, attribuita agli altri vincitori del medesimo concorso
Con la Sentenza n. 211 del 4 dicembre 2023, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli artt. 27, comma 2, e 28, comma 4, del decreto legislativo 30 ottobre 1992, n. 443 (Ordinamento del personale del Corpo di polizia penitenziaria, a norma dell’art. 14, comma 1, della legge 15 dicembre 1990, n. 395), nella parte in cui non prevedono che le vincitrici del concorso per vice ispettori del Corpo di Polizia penitenziaria – che abbiano ottenuto l’idoneità al servizio a seguito della partecipazione al primo corso di formazione successivo all’assenza dal lavoro per maternità – siano immesse in ruolo con la medesima decorrenza, ai fini giuridici, attribuita agli altri vincitori del medesimo concorso.
Le questioni sono state sollevate in riferimento agli artt. 3, 31, 37 e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione all’art. 23 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, agli artt. 2, paragrafo 2, lettera c), e 14, paragrafo 1, lettera a), della direttiva n. 2006/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 5 luglio 2006, riguardante l’attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego (rifusione), nonché all’art. 11 della Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (Convention on the Elimination of all forms of Discrimination Against Women – CEDAW), adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 18 dicembre 1979, ratificata e resa esecutiva in Italia con legge 14 marzo 1985, n. 132.
La questione di fatto, dedotta nel ricorso giunto alla cognizione del Consiglio di Stato che ha sollevato la questione di legittimità costituzionale, ha riguardato una vice Ispettrice della Polizia Penitenziaria che, dichiarata vincitrice del concorso pubblico per allievi vice ispettori, in considerazione dell’astensione obbligatoria dal lavoro per le condizioni della gravidanza, ai sensi dell’art. 17, comma 2, lettera a), del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell’art. 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53) – era stata ammessa a partecipare al primo corso di formazione successivo all’assenza dal lavoro. La stessa dopo avere superato gli esami finali di questo corso di formazione, veniva immessa nel ruolo dei vice ispettori del Corpo di Polizia penitenziaria, a decorrere dalla data del giuramento, al pari di coloro che avevano frequentato lo stesso corso senza allineamento, mediante retrodatazione giuridica della nomina, ai colleghi vincitori del concorso a cui aveva partecipato.
Peraltro, l’amministrazione aveva correttamente applicato le disposizioni censurate ai fini dell’ammissione della ricorrente al primo corso successivo al periodo di assenza obbligatoria dal lavoro, poiché la relativa disciplina non prevede la retrodatazione della nomina e pertanto, nel caso in esame, la decorrenza degli effetti giuridici era stata stabilita dalla data del giuramento, anziché da quella precedente, stabilita per gli altri vincitori dello stesso concorso cui aveva partecipato la ricorrente.
Ciò determina il ritardo nella progressione in carriera e la definitiva perdita di chances. Si tratta, peraltro, di un ritardo che può anche protrarsi per molto tempo, come avvenuto nel caso oggetto del giudizio a quo, in cui il successivo corso di formazione è stato attivato a distanza di dodici anni da quello originario.
Nell’ordinanza di rimessione, il giudice a quo non ha mancato di far rilevare il raffronto con la differente disciplina prevista dall’art. 18, comma 4 (recte: comma 5), per i concorrenti dimessi dal corso per infermità contratta durante il corso o dipendente da causa di servizio, ai quali è riconosciuta la retrodatazione, ai soli effetti giuridici, della decorrenza nella qualifica. Tuttavia, questa previsione non sarebbe applicabile alle vincitrici assenti per maternità, sebbene entrambe le categorie di personale considerate abbiano diritto a partecipare al primo corso successivo.
Secondo il giudice delle leggi la disciplina censurata è illegittima per contrasto con i principi costituzionali di cui agli artt. 3, 31 e 37 Cost..
Risulta violato l’art. 3 della Costituzione poiché la piena realizzazione del diritto fondamentale alla parità di trattamento tra uomini e donne non risulta adeguatamente garantita dal solo riconoscimento del diritto a partecipare a un corso di formazione organizzato in una data successiva e incerta, non essendo l’amministrazione vincolata ad attivare tale corso secondo scadenze prestabilite. Il ritardo nell’immissione in ruolo si riflette nella discriminazione delle vincitrici assenti dal corso in considerazione della maternità rispetto agli altri vincitori del medesimo concorso. Né può considerarsi rispettato dalle disposizioni censurate il principio di ragionevolezza, non essendo giustificabile il pregiudizio derivante dalla negazione del diritto di essere tempestivamente immesse in ruolo, al pari degli altri vincitori del medesimo concorso.
Al contempo, la disciplina in questione viola i principi di cui agli artt. 31 e 37 Cost., che tutelano la maternità e, con essa, l’interesse primario dei minori. La giurisprudenza di questa Corte ha da tempo riconosciuto che «gli istituti nati a salvaguardia della maternità non hanno più, come in passato, il fine precipuo ed esclusivo di protezione della donna, ma sono destinati anche alla garanzia del preminente interesse del minore, che va tutelato non soltanto per quanto attiene ai bisogni più propriamente fisiologici ma anche in riferimento alle esigenze di carattere relazionale ed affettivo, collegate allo sviluppo della sua personalità» (sentenza n. 257 del 2012; nello stesso senso, sentenze n. 385 del 2005 e n. 179 del 1993).
A questo riguardo, la Corte ha sottolineato come alla progressiva affermazione dei principi di non discriminazione e di parità di trattamento tra uomo e donna, anche in ambito lavorativo, si sia accompagnato il divieto di «qualsiasi trattamento meno favorevole riservato ad una donna per ragioni collegate alla gravidanza o al congedo per maternità» (art. 2, paragrafo 2, lettera c, della direttiva n. 2006/54/CE) e qualsiasi discriminazione diretta o indiretta fondata sul sesso per quanto attiene, non solo all’accesso al lavoro, ma anche alla formazione professionale (art. 14, lettere a e b, della direttiva citata). I principi posti da questa direttiva sono stati recepiti nel nostro ordinamento dal decreto legislativo 25 gennaio 2010, n. 5 (Attuazione della direttiva 2006/54/CE relativa al principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego), che ha ricompreso nell’ambito applicativo del divieto di discriminazioni dirette e indirette, di cui all’art. 25 del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198 (Codice delle pari opportunità tra uomo e donna, a norma dell’articolo 6 della legge 28 novembre 2005, n. 246), «ogni trattamento meno favorevole in ragione dello stato di gravidanza, nonché di maternità o paternità, anche adottive, ovvero in ragione della titolarità e dell’esercizio dei relativi diritti».
Proprio con riguardo agli effetti del congedo per maternità, la CGUE ha ritenuto non conforme al diritto dell’Unione europea la disciplina italiana concernente i corsi di formazione per la nomina a vice commissario della Polizia penitenziaria, nella parte in cui tale normativa si limitava a riconoscere alla donna che avesse fruito del congedo per maternità il diritto di partecipare a un corso di formazione organizzato in data successiva ma incerta, non essendo le autorità competenti obbligate a organizzare detto corso secondo scadenze prestabilite (CGUE, prima sezione, sentenza 6 marzo 2014, in causa C-595/12, Napoli).
È inoltre significativo che nei sistemi giuridici di altri Stati membri dell’Unione europea – tra i quali Spagna, Francia e Germania – l’esigenza di preservare la parità di trattamento nell’accesso alla carriera è soddisfatta attraverso meccanismi che tengono conto, sia pure con sfumature differenti, anche dei periodi di assenza per maternità ai fini dell’accesso e della progressione in carriera, allo scopo di evitare ricadute negative sulla posizione giuridica e lavorativa delle donne.
In riferimento agli effetti del congedo obbligatorio di maternità sul diritto all’immediata assunzione in servizio, la giurisprudenza Costituzionale aveva già ravvisato la violazione dei principi posti dagli artt. 3, 31 e 37 Cost. nella disciplina regionale che determinava una «discriminazione in ragione dello stato di gravidanza e di maternità, che si sostanzia nella perdita di chance, collegata a un effettivo ingresso in ambito lavorativo» (sentenza n. 200 del 2020).
Il meccanismo della retrodatazione della decorrenza degli effetti giuridici dell’immissione in ruolo è volto proprio a eliminare la penalizzazione delle donne assenti dal corso di formazione per maternità, attraverso il riallineamento, ai soli fini giuridici, della loro data di nomina a quella degli altri vincitori del medesimo concorso.
Secondo la Corte Costituzionale le disposizioni censurate, nel differire l’immissione in ruolo delle vincitrici del concorso assenti per maternità, determinano un’ingiustificata disparità di trattamento delle donne in ragione della maternità, in contrasto con i principi di cui agli artt. 3, 31 e 37 Cost., poiché compromettono il tempestivo accesso delle donne all’impiego e comportano il rischio di disincentivare la partecipazione al concorso e persino la scelta della maternità.
Gli artt. 27, comma 2, e 28, comma 4, del d.lgs. n. 443 del 1992 sono, quindi, dichiarati costituzionalmente illegittimi per violazione degli artt. 3, 31 e 37 Cost., nella parte in cui non prevedono che le vincitrici del concorso per vice ispettori del Corpo di Polizia penitenziaria – che abbiano ottenuto l’idoneità al servizio a seguito della partecipazione al primo corso di formazione successivo all’assenza dal lavoro per maternità – siano immesse in ruolo con la medesima decorrenza, ai fini giuridici, attribuita agli altri vincitori del medesimo concorso.
Essendo di tutta evidenza come la norma censurata dal giudice delle leggi rispecchi in tutto e per tutto quanto disposto dagli articoli 6 ter e 27 quater del DPR 24 aprile 1982, n. 335, nonché le previsioni dell’articolo 5 del decreto legislativo 5 ottobre 2000, n. 334, in relazione all’immissione in ruolo delle vincitrici dei concorsi nella Polizia di Stato che abbiano ottenuto l’idoneità al servizio a seguito della partecipazione al primo corso di formazione successivo all’assenza dal lavoro per maternità, la Segreteria Nazionale ha inviato una nota al Capo della Polizia per sollecitare iniziative finalizzate a avviare a soluzione la complessa problematica anche per la Polizia di Stato.
L’applicazione del meccanismo della retrodatazione della decorrenza degli effetti giuridici dell’immissione in ruolo eliminerebbe la penalizzazione delle donne assenti dal corso di formazione per maternità, attraverso il riallineamento, ai soli fini giuridici, della loro data di nomina a quella relativa agli altri vincitori del medesimo concorso.