La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 27102 del 9 ottobre scorso, ha riaffermato il principio che la vittima di incidente stradale ha diritto a un risarcimento che tenga conto non soltanto delle lesioni fisiche, ma anche della sofferenza interiore e del turbamento emotivo prodotti dall’evento.
In pratica, se il danno biologico riguarda la lesione all’integrità psicofisica, accertata dal punto di vista medico, il danno morale rappresenta il dolore, la paura, la frustrazione, la perdita di serenità che la persona prova in conseguenza dell’incidente.
Nella sua decisione, la Cassazione richiama l’art. 2054 del c.c. che disciplina la responsabilità nella circolazione dei veicoli e l’art. 1227 del c.c., che regola il concorso di colpa del danneggiato avendo a riferimento la pronuncia delle Sezioni Unite n. 26972/2008, per la quale il danno non patrimoniale comprende diverse componenti (biologico, morale e dinamico-relazionale), che il giudice di merito deve valutare scrupolosamente e unitariamente.
La liquidazione del danno non patrimoniale avviene secondo le tabelle elaborate dal Tribunale di Milano, riconosciute dai giudici di piazza Cavour come criterio di riferimento nazionale. Dette tabelle prevedono la possibilità di includere, anche in via presuntiva, la sofferenza morale scaturente dal fatto che assurge a componente essenziale del pregiudizio subìto da esplicitare in modo espresso nel calcolo del risarcimento.
Nel caso giunto all’esame della Cassazione, la Corte d’Appello aveva liquidato soltanto il danno biologico ragion per cui la Cassazione ha ritenuto la decisione viziata da un errore di diritto, cassando con rinvio per la liquidazione anche del danno morale. Concludendo, in mancanza di una accurata valutazione di tutte le voci di danno in gioco, ogni sentenza di merito è suscettibile di cassazione, proprio come accaduto nel caso di Belluno.
Chi subisce un incidente ha diritto a essere risarcito non soltanto per la menomazione fisica, ma anche per il disagio psicologico che ne deriva. Una sofferenza che, pur non misurabile oggettivamente con strumenti medici, è pur sempre una componente reale del danno alla persona, tutelata dalla legge e dalla giurisprudenza






