Scorta per il rimpatrio forzato via mare di stranieri irregolari

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Scorta per il rimpatrio forzato via mare di stranieri irregolari – il SIULP scrive al Ministro dell’Interno

Riportiamo il testo della lettera scritta al Ministro dell’Interno il 4 agosto 2023 dalla Segreteria Nazionale:

“… conoscendo la Sua sensibilità e l’impegno che da sempre, in ogni Suo incarico, ha profuso a tutela dei Poliziotti e dell’Istituzione, ritengo sia necessario porre alla Sua attenzione una incresciosa vicenda per evitare che in futuro siano replicate attività tali da esporre a serissimo e concreto pericolo gli operatori, provocando ricadute politiche di non scarso momento sul Dicastero da Lei diretto destinate a riflettersi sull’intero Governo.

L’affanno provocato dal notevole aumento degli arrivi di migranti sulle coste siciliane degli ultimi mesi rappresenta una nuova pagina del purtroppo assai corposo registro delle emergenze. E come da inveterata quanto biasimevole prassi su cui si sono accomodati tutti, indistintamente, gli esecutivi che si sono confrontati con tale problematica, ogni nuovo capitolo dell’emergenza immigrazione finisce con l’essere scaricato sulla Polizia di Stato e, in parte minore, sulle consorelle.

E tutto questo mentre la perdita di consistenza dell’organico della nostra Amministrazione incede con un’iperbole che, a giudicare dalle contromisure sino ad oggi adottate, non sembra preoccupare più del dovuto le competenti istanze. Una denuncia, la nostra, assai risalente, che non può quindi in alcun modo essere tacciata di strumentalità.

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La differenza rispetto ai giorni nostri dell’originario accorato allarme da noi lanciato per la prima volta 15 anni fa, allorquando avevamo cercato di ammonire sulle conseguenze a cui avrebbe portato il blocco del turn over nelle assunzioni e la chiusura di numerosi Istituti di formazione, avvenuta attraverso la assurda, dissennata cartolarizzazione, è una sola: oggi siamo esattamente nel mezzo della tempesta che avevamo previsto. E non vediamo all’orizzonte un cambio di passo che consenta di uscire una volta per tutte dalla logica emergenziale, strutturando un piano ragionato di riequilibrio del dissesto provocato da lustri di inerzia politica.

Si è insomma confidato che potesse bastare somministrare il mantra secondo cui si deve fare di più con il meno di cui si dispone. Una filosofia che purtroppo pone al centro delle priorità il raggiungimento del risultato senza preoccuparsi delle potenziali conseguenze.

Offre una inquietante conferma delle preoccupazioni che qui, una volta ancora, riteniamo doveroso ribadire, il piano di rimpatrio di circa 700 irregolari, per lo più di origine tunisina, organizzato un paio di settimane fa con partenza da Palermo a bordo di una nave battente bandiera olandese presa a noleggio per l’occasione. Un’operazione che in apparenza potrebbe essere valutata come emblematica di una inedita capacità di respingere un rilevante numero di irregolari. Se non fosse che è stata realizzata con una azzardatissima impostazione.

Se infatti gli appena 30 – 30! – operatori della Polizia di Stato impiegati come scorta a bordo di questo natante non fossero stati muniti di una professionalità di eccellenza, grazie alla quale durante le 10 ore di traversata hanno potuto sopperire all’assenza di qualunque altro ente di soccorso, quale ad esempio la protezione civile o personale sanitario, che data la situazione era assolutamente indispensabile, persino improvvisandosi encomiabilmente come soccorritori e prestando assistenza medica, saremmo alle prese con conseguenze potenzialmente irreparabili.

Non va taciuto che il tutto si è svolto in inqualificabili condizioni sanitarie, attesa la promiscuità con soggetti che, per quanto a noi consta, non erano stati nemmeno sottoposti alle verifiche c.d. “fit to travel”, ovvero quelle che i protocolli di rimpatrio prevedono come controlli sanitari inderogabili. Così come prevedono, è appena il caso di ricordarlo, la presenza di un adeguato numero di operatori di scorta che, secondo le Linee guida sul monitoraggio dei rimpatri forzati devono essere generalmente in rapporto di almeno due operatori di polizia ogni rimpatriando. Una proporzione ben lungi dal potersi dire rispettata nella scabrosa circostanza di cui siamo a ragionare.

Non possiamo certo dirci sollevati se non si sono verificati epiloghi drammatici. Quando avvenuto impone infatti una presa d’atto di una forzatura che, secondo quanto a noi consta, era stata eccepita, anche con dialettica non consona al livello istituzionale, da vertici territoriali della Polizia di Stato, che invano avevano cercato di contrastare chi aveva approntato quel lacunoso dispositivo con un approccio irragionevolmente approssimativo. Non vorremmo che questo fosse il sintomo di un opportunismo con cui taluni funzionari dello Stato sono alla ricerca di ingraziarsi le istanze politiche a fini di carriera, e se così fosse è lecito attendersi una severa reprimenda. Sarebbe però peggio se la decisione promanasse dal livello centrale e fosse stata immaginata per tacitare il brontolio dell’opinione pubblica alimentato dai poco incoraggianti dati sull’immigrazione clandestina.

Pertanto, e per concludere, auspichiamo non solo che sconcertanti vicende come quelle qui stigmatizzate non abbiano a ripetersi, ma anche un adeguato riconoscimento ai 30 colleghi che hanno, una volta ancora, offerto la dimostrazione di come il personale della Polizia di Stato disponga di una irripetibile capacità di far fronte ad impegni straordinari attingendo all’immenso bagaglio di professionalità, all’abnegazione e, non da ultimo, alla profonda umanità nei confronti dei più sfortunati, per ovviare alle incresciose criticità ingenerate da più che discutibili opzioni decisionali…”.

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