SICUREZZA: SIULP, CONTRARIO AD ATTUALI CONDIZIONI CODICE SU DIVISE FORZE ORDINE
Dichiarazione del Segretario Generale Felice Romano
La gestione dell’ordine pubblico dipende da tutti gli attori che si incontrano sul luogo ove avvengono le manifestazioni.
L’esito delle stesse pertanto discende dalla volontà e dalla correttezza di rispettare “le regole del gioco” che presiedono questo tipo di manifestazione.
Oggi sulla scorta anche delle recenti immagini che abbiamo visto in particolare a Roma è emerso con chiarezza che vi è un gruppo di “professionisti del disordine”, o black bloc come comunemente vengono indicati, che tentano ogni volta di aggredire le Forze dell’Ordine al solo scopo di dare sfogo alla loro folle violenza calpestando quasi sempre anche le ragioni della protesta
Ecco perché oggi riteniamo che non ci siano le condizioni per una proposta che preveda solo per le Forze dell’Ordine un codice identificativo.
Lo afferma Felice Romano, Segretario Generale del SIULP, nel commentare la proposta di inserimento di un codice identificativo sulle uniformi delle Forze dell’Ordine presentato in questi giorni in Parlamento.
Un siffatto intervento normativo, senza che si prevedano interventi anche per i manifestanti, ed in particolare per quella frangia di violenti che forti dell’erronea convinzione di un’impunità assoluta sta crescendo sempre più, e senza dotare le Forze dell’Ordine degli stessi strumenti di cui dispongono le Forze di Polizia degli altri paesi Europei (idranti, schiumogeni, utilizzo di gas urticanti, telecamere per ogni uniforme a garanzia dell’operato dei poliziotti e degli stessi manifestanti, mezzi idonei da utilizzare in questo tipo di manifestazione, l’introduzione dell’arresto differito come fatto per lo stadio ecc. ecc,) passerebbe come un segnale di impunità per i violenti e come una volontà politica della resa dello Stato con la chiara indicazione politica di dichiarare a priori colpevoli le donne e gli uomini in uniforme che sono impegnati per la salvaguardia dell’ordine e della sicurezza pubblica a tutela delle Istituzioni e dei cittadini.
Ecco perché, conclude Romano, se non ci sono tutti questi presupposti e la valorizzazione del concetto che i poliziotti vanno in piazza a prestare servizio per difendere le Istituzioni democratiche e la sicurezza dei cittadini, il rischio è di produrre una “giungla” nella quale i professionisti del disordine, come al solito travisati con caschi e mefisti di colore nero, si sentirebbero autorizzati ad assalire i palazzi delle Istituzioni e a calpestare i diritti democratici di tutti gli altri cittadini che incontrano sul loro cammino