Sistemazione del personale in trasferta non conforme alle misure di contenimento dell’epidemia da Covid 19. Richiesta di intervento immediato
Riportiamo il testo della lettera inviata dalla Segreteria Nazionale al Dipartimento della P.S. lo scorso 26 febbraio:
“Quando lo scorso 10 novembre la Segreteria del Dipartimento della P.S., dando seguito alle plurime denunce del Siulp sull’inidoneità delle sistemazioni fornite al personale in servizio fuori sede, con una nota (n. 555-DOC/C/DIPPS/FUN/CTR/5467-20) laconica ma assai puntuale, sul presupposto della persistenza dell’emergenza sanitaria ha auspicato l’individuazione di “sistemazioni alloggiative in camera singola, significando che l’eventuale utilizzo, in via residuale, di stanze doppie dovrà garantire spazi e metrature che consentano di rispettare il distanziamento sociale e di evitare il diretto contatto tra coloro che vi alloggiano”, ritenevamo di non dover più intervenire per rimediare a scabrose situazioni in cui, con manifesto disinteresse per la salute del personale, e con l’unica evidente preoccupazione di contenere le spese di impiego fuori sede, non solo la sistemazione in camera doppia era considerata l’opzione dominante, ma pure la qualità delle strutture era, a voler essere rispettosi della continenza espressiva, indecorosa.
Ma non avevamo fatto i conti con la resilienza dell’approccio culturale di dirigenti, centrali e territoriali, che non erano disponibili a modificare la loro inveterata tendenza a considerare il personale come mera forza lavoro e non come risorsa da tutelare. La più plastica e sconfortante dimostrazione della cennata insensibilità l’ha offerta l’organizzazione preposta alla gestione logistica ed operativa di supporto all’evento dei mondiali di sci che si sono appena conclusi nell’ambito del comprensorio ampezzano.
Senza entrare nel dettaglio della davvero disarmante serie di maldestrie imputabili alla cabina di regia locale, produttive di non pochi disagi per il personale e per le quali ci riserviamo di produrre un dettagliato dossier, crediamo sia utile fornire una sinossi dell’occorso per comprendere l’entità dell’inqualificabile incapacità organizzativa appalesata nella specifica circostanza.
Dopo mesi in cui la nostra segreteria provinciale aveva, invano, sollecitato chiarimenti circa la sistemazione dei circa 300 poliziotti aggregati, pochi giorni prima dall’avvio dell’evento siamo venuti a sapere che per la generalità degli operatori era stata prevista la sistemazione in camera doppia. Alle nostre immediate rimostranze, formalizzate con nota del 27 gennaio 2021 diretta all’Ufficio Relazioni Sindacali, i referenti periferici dell’Amministrazione si sono giustificati adducendo “difficoltà nel reperire alloggi individuali su Cortina o zone limitrofe” (così Questore di Belluno il 27 gennaio 2021). È bastato accedere agli atti per far crollare l’effimero velo di spudoratezza che mal celava una ben diversa verità. Il bando prefettizio pubblicato nel mese di luglio 2020 aveva infatti previsto solamente una decina di camere ad uso singola, e camere doppie per tutti gli altri – circa 500 tra le varie forze di polizia – operatori. Ma questo sarebbe il meno. In assenza di qualsivoglia documentazione attestante la verifica dell’idoneità delle strutture alberghiere che da tempo erano state opzionate, all’affannosa ricerca di rammendare gli strappi al protocollo, che avrebbe dovuto vedere anche il coinvolgimento dei R.L.S., il 28 gennaio scorso, quello che si è scoperto essere il funzionario medico incaricato di verificare la sussistenza dei requisiti delle camere – per inciso: soggetto diverso dal Medico competente – ha prodotto una genericissima relazione nella quale si afferma che “Le strutture sono in regola con le norme anti contagio Covid ed hanno applicato tutti i protocolli di sanificazione e igiene in merito”. Resta a questo punto da capire come mai, la sera del 1° febbraio, una volta visionato il video di una delle stanze asseritamente in regola – da noi non divulgato per amor di patria – che sarebbe stata inadatta anche come ripostiglio di masserizie l’Ufficio Relazioni Sindacali abbia opportunamente sollecitato la Questura di Belluno a riproteggere altrove tutto il personale ivi ospitato. Perché infatti anche tutte le altre stanze erano dello stesso infimo livello. Di talché appena poche ore dopo ben 50 operatori sono stati ricollocati in altri alberghi. Con buona pace della asserita difficoltà nel reperire alloggi e con non pochi dubbi in ordine alla capacità di valutazione di quanti, con pomposa alterigia, ci spiegavano che le nostre preoccupazioni erano animate da pregiudizio. Ma il bello doveva ancora venire. Perché nel bel mezzo della manifestazione, intorno alla metà di febbraio, si sono registrati alcuni casi di positività. Nulla di straordinario, si dirà. Non fosse che, come con crescente imbarazzo sono stati costretti a confermare i vertici della Questura di Belluno, tre dei contagiati erano stati sistemati in una stanza tripla. E su chi poteva essere scaricata la colpa, se non sul gestore dell’albergo?
Cambio di scena: Potenza, in questi giorni. Anche qui viene aggregata qualche decina di colleghi provenienti da svariati uffici. Ed anche qui viene predisposta la sistemazione in camere doppie di un consistente numero di operatori, opzione ritenuta adeguata e, in analogia con la vicenda di cui dianzi si è detto, senza alcun coinvolgimento dei RLS. Potevamo aspettarci qualcosa di diverso dal “non siamo riusciti a trovare camere a sufficienza?”. Ovviamente no. Il problema è se mai si è fatto un minimo sforzo per trovarle. E, soprattutto, a quanto è stata fissata la soglia massima di costo dalla stazione appaltante, un elemento che pare preoccupare chi è chiamato ad organizzare i profili logistici più della salute del personale. Rileviamo come, anche in questo ultimo caso, siano già stati rilevati i primi casi di positività.
Una irricevibile superficialità organizzativa che non può più essere tollerata. Non quando è in gioco il bene primario della salute. Ed ancor più grave è la sprezzante disinvoltura con la quale le indicazioni dispositive delle circolari ministeriali vengono disattese da funzionari territoriali sull’operato dei quali è a nostro avviso necessario cominciare a svolgere seri approfondimenti. Perché se il Dipartimento della P.S. non interviene per far rispettare i protocolli e le disposizioni impartite, anche con severe reprimende nei confronti di chi si disallinei dalle prescritte linee guida onde dissuadere queste perniciose forme di disinteresse per il benessere del personale, dovremo necessariamente modificare il nostro approccio, considerando non più credibili le interlocuzioni con gli organismi preposti alla risoluzione delle criticità.
Ci permettiamo conclusivamente di ricordare che nella circolare Inail n. 22 del 20 maggio 2020 è stato chiarito come, in caso di contagio da Covid, è ipotizzabile la responsabilità del datore di lavoro “in caso di violazione della legge o di obblighi derivanti dalle conoscenze sperimentali o tecniche, che nel caso dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 si possono rinvenire nei protocolli e nelle linee guida governativi e regionali di cui all’articolo 1, comma 14 del decreto legge 16 maggio 2020, n.33”. Non crediamo di esagerare nel dire che la forzata convivenza in stanze di albergo, soprattutto alla luce dell’accresciuta aggressività che caratterizza le varianti del virus, può integrare i presupposti delle responsabilità datoriali in narrativa.
Con l’auspicio di non dover ulteriormente censurare vicende analoghe a quelle qui descritte, e fatta salva ogni azione per le eventuali responsabilità relative a quanto oggetto della presente, confidiamo in una nuova, risolutiva presa di posizione formale delle preposte articolazioni dipartimentali che abbia natura precettiva e vincolante, così scongiurando il rischio di dover assistere al riproporsi di sconcertanti leggerezze gestionali, diffidando sin da ora l’Amministrazione a prevedere la convocazione e/o il coinvolgimento dei RLS nelle verifiche dell’idoneità delle soluzioni alloggiative messe a disposizione del personale aggregato, giusto quanto prescrive la normativa di riferimento in tema di sicurezza sul posto di lavoro.”