TAR – bene su illegittimo diniego riabilitazione

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Ultimo aggiornamento 22/04/2022

N. 00657/2021 REG.PROV.COLL.
N. 00532/2020 REG.RIC.

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 532 del 2020, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato Chiara Servetti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell’Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Torino, domiciliataria ex lege in Torino, via dell’Arsenale, 21;

per l’annullamento

del decreto del Direttore Centrale per le Risorse Umane del Ministero dell’Interno, Dipartimento di Pubblica Sicurezza, Direzione Centrale per le Risorse Umane, in data -OMISSIS-, notificato in data -OMISSIS-, con il quale è stata respinta l’istanza di riabilitazione presentata dal ricorrente;
del verbale in data -OMISSIS-, con il quale il Consiglio Centrale di Disciplina presso il Dipartimento di Pubblica Sicurezza del Ministero dell’Interno ha espresso parere contrario all’accoglimento dell’istanza di riabilitazione presentata dal ricorrente;del verbale in data -OMISSIS-, con il quale la Commissione per il Personale di ruolo degli Ispettori della Polizia di Stato ha espresso parere contrario all’accoglimento dell’istanza di riabilitazione presentata dal ricorrente.
nonché, occorrendo, per l’annullamento degli atti antecedenti, preordinati, consequenziali e comunque connessi del relativo procedimento, allo stato non noti al ricorrente e per la condanna dell’Amministrazione resistente al risarcimento dei danni tutti patiti e patiendi.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 23 giugno 2021 il dott. Angelo Roberto Cerroni e trattenuta la causa in decisione ai sensi dell’art. 25, co. 2 del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1.- Il sig, -OMISSIS-, attualmente Ispettore superiore della Polizia di Stato, è entrato in servizio il -OMISSIS-. A seguito di procedimento penale conclusosi nel 2004 con sentenza della Corte di appello di Torino fu prosciolto per intervenuta prescrizione dal reato di violenza privata, previa derubricazione dell’otriginaria imputazione di violenza sessuale per fatti avvenuti nel 1996.

2. — In esito alla pronuncia penale, il sig. -OMISSIS- è stato sottoposto a procedimento disciplinare conclusosi con l’itrogazione della sanzione disciplinare della deplorazione con decreto del Capo della Polizia del OMISSIS-con la seguente motivazione: “Libero dal servizio, unitamente ad altri appartenenti alla Polizia di Stato, si recava in una discoteca e nel corso della serata, mentre si trovava sulla pista da ballo, toccava più volte le parti intime di una ragazza scatenando la violenta reazione della stessa, del fratello e degli altri accompagnatori, a cui rispondeva ricorrendo anche all’uso delle mani. Per tali fatti veniva sottoposto a procedimento penale, conclusosi, in sede di appello ed a seguito della derubricazione del reato ascrittogli, con dichiarazione di non doversi procedere per intervenuta prescrizione del reato, nella circostanza, anche in relazione alla qualifica ed all’anzianità di servizio possedute, poneva in essere una mancanza gravemente lesiva della dignità delle funzioni rivestite”.

3.— A distanza di tempo dai fatti e dall’irrogazione della sanzione, il sig, OMISSIS- ha reiteratamente presentato istanza di riabilitazione ai sensi dell’art. 87 D.P.R. 3/1957, dapprima in data -OMISSIS-e successivamente in data -OMISSIS-, entrambe con esito sfavorevole.

4. — Il -OMISSIS- il sig. -OMISSIS- ha presentato nuovamente istanza di riabilitazione, senonché il Consiglio centrale di disciplina, dopo aver accertato la ricevibilità dell’istanza, ha espresso parere negativo ritenendo che “L’estrema gravità del comportamento censurato con la sanzione disciplinare della deplorazione del 2004, oggetto peraltro di vicenda penale, presupponga un successivo e reiterato contegno esemplare protratto in un arco di tempo più lungo di quello attualmente trascorso, attraverso il quale il dipendente possa dimostrare un accertato e concreto ravvedimento operoso”.

4.1. — La Commissione per il personale del ruolo degli Ispettori della Polizia di Stato, con verbale dell’-OMISSIS-, ha espresso parere di segno negativo con la medesima motivazione del Consiglio centrale di disciplina.

4.2. — Conseguentemente, con decreto del -OMISSIS-, il Direttore centrale delle risorse umane del Dipartimento di pubblica sicurezza del Ministero dell’interno, preso atto dei pareri negativi espressi dagli organi collegiali, ha respinto l’istanza di riabilitazione ritenendo che “il fatto contestato al dipendente, sotteso alla sanzione disciplinare oggetto dell’istanza di riabilitazione, per il quale è stato sottoposto a procedimento penale, sia connotato da particolare gravità in relazione ai doveri connessi al ruolo istituzionale dallo stesso ricoperto e, pertanto, necessiti di una ‘osservazione’ attenta e più diluita nel tempo, dalla quale possa evincersi il concreto ravvedimento”.

5. — Il sig. -OMISSIS- insorge avverso il prefato decreto reiettivo adendo questo Tribunale con gravame affidato a due motivi di impugnazione e contestuale domanda interinale di sospensione degli effetti:

5.1. — Dapprima, il ricorrente si duole dell’illegittimità del provvedimento per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 87 D.P.R. 3/1957 e per eccesso di potere sotto le figure sintomatiche del difetto istruttorio e motivazionale, dell’illogicità e del travisamento di fatti, dell’ingiustizia manifesta e della disparità di trattamento. A detta del ricorrente, la costante reiterazione della medesima formula motivazionale a corredo delle ripetute decisioni reiettive tradirebbe lo sviamento di potere e il difetto istruttorio a dispetto del lungo lasso di tempo trascorso e degli eccellenti rapporti di servizio conseguiti dal ricorrente per oltre un ventennio comprovanti il ravvedimento sostanziale e consolidato negli anni.

5.2. — Con seconda doglianza, il ricorrente stigmatizza il vizio procedimentale che affliggerebbe l’iter istruttorio articolato nell’acquisizione dei due pareti della Commissione per il personale del ruolo degli Ispettori della Polizia di Stato e del Consiglio centrale di Disciplina: in buona sostanza, risulterebbe dagli atti che la medesima funzionaria avrebbe fatto parte di entrambi gli organi collegiali, con pregiudizio evidente dell’autonomia di giudizio dei due organi in sede di espressione del parere, tanto che il motivato avviso espresso dalla Commissione ricalca pedissequamente quello reso dal Consiglio centrale di disciplina.

6. — Il Ministero dell’interno si è ritualmente costituito in giudizio e ha articolato difese con le quali domanda la reiezione del gravame.

7.- In esito alla camera di consiglio feriale del 9 settembre 2020 il Collegio ha denegato la tutela interinale sul rilievo che non sarebbero riscontrabili immediate esigenze cautelari, pur ritenendo di definire il giudizio in tempi ragionevolmente brevi, compatibilmente con il carico dei ruoli.

8. — Espletato lo scambio di memorie difensive ex att. 73 c.p.a., la causa è stata trattenuta in decisione all’udienza pubblica del 23 giugno 2021 senza discussione orale ai sensi dell’art. 25, co. 2 del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176.
9. — Il gravame è suscettibile di favorevole scrutinio per le assorbenti ragioni che si vanno dappresso a delineare.

10.— A norma dell’art. 87 D.P.R. 3/1957 “trascorsi due anni dalla data dell’atto con cui fu inflitta la sanzione disciplinare e sempre che l’impiegato abbia riportato nei due anni la qualifica di «ottimo»; possono essere resi nulli gli effetti di essa, esclusa ogni efficacia retroattiva; possono altresì essere modificati i giudizi complessivi riportati dall’impiegato dopo la sanzione ed in conseguenza di questa. 2. Il provvedimento è adottato con decreto ministeriale, sentiti il Consiglio di amministrazione e la Commissione di disciplina”.

11. — La giurisprudenza amministrativa è costantemente orientata a ribadire che la riabilitazione del dipendente della Polizia di Stato più volte sanzionato sul piano disciplinare, così come la riammissione in servizio, costituisce il frutto di una valutazione ampiamente discrezionale della p.a. che sfugge al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, purché non sia inficiata da evidenti vizi logici; perciò la latitudine della discrezionalità di pertinenza dell’ amministrazione, chiamata a valutare comparativamente l’interesse del richiedente con gli interessi pubblici coinvolti, restringe il sindacato del g.a. in sede di legittimità entro i confini della verifica di eventuali indici di eccesso di potere per travisamento di fatti ed illogicità manifesta (g. T.A.R. Pescara, (Abruzzo) sez. I, 26/05/2014, n.245).

12. — Nel caso di specie sono pacificamente sussistenti, in quanto acclarate ripetutamente nel corso del procedimento, le condizioni di procedibilità dell’istanza, ossia il decorso di un lasso di tempo biennale dalla data dell’irrogazione della sanzione — avvenuta nel 2004 — e il conseguimento della valutazione di ‘ottimo’ negli annuali rapporti informativi. Senonché, il positivo riscontro dei presupposti nulla implica sul piano dell’apprezzamento discrezionale di merito dell’Amministrazione, almeno in linea generale.

13. — Nondimeno, nel caso specifico, si può constatare che a più riprese l’istanza di riabilitazione del ricorrente è stata rigettata con la stessa motivazione, reiterata pedissequamente negli anni — rispettivamente nel 2011, nel 2018 e nel 2020 — limitandosi a rilevare che ai fini della riabilitazione disciplinare occotra un successivo e reiterato contegno esemplare protratto in un arco di tempo più lungo di quello attualmente trascorso, attraverso il quale il dipendente possa dimostrare un accertato e concreto ravvedimento operoso.

13.1. — Siffatta formula si appalesa stereotipa e apodittica, priva di un concreto contenuto motivazionale allorquando essa venga ad esser riprodotta senza ulteriori specifiche nei provvedimenti reiettivi susseguitisi a distanza di anni nell’arco di un decennio (2011-2020). Fermo restando l’insindacabile apprezzamento di merito circa il lasso di tempo ritenuto congruo dall’ Amministrazione ai fini della concessione della riabilitazione, sconfina nell’esercizio muto e inintelligibile del pubblico potere l’apposizione di tale formula nonostante il decorso di lassi di tempo crescenti e oggettivamente ragguardevoli, oltre che costantemente contrassegnati da condotta di servizio ineccepibile.

13.2. — Né l’Amministrazione si perita di offrire alcun elemento argomentativo di raffronto che illumini il ragionamento sotteso alla propria determinazione reiettiva, trascurando il consistente dato temporale del decorso di un intervallo di 15 anni dall’inflizione della sanzione, arco di tempo che incide significativamente nell’intero orizzonte di carriera di un dipendente della Polizia di Stato.

13.3. — Riguardato sotto altra luce, la determinazione dell’Amministrazione ha mancato di additare con chiarezza e perspicuità, in omaggio al canone del clare loqui insito nell’obbligo motivazionale di cui all’art. 3 1 n. 241/1990, l’orizzonte temporale di riferimento nel corso del quale il contegno ispirato ad esemplarità del dipendente debba essere soggetto ad osservazione disciplinare agli effetti della riabilitazione. Tale mancanza risalta con ancor più vividezza alla luce della positivizzazione dei canoni comportamentali di collaborazione e buona fede anche in sede procedimentale, ex art. 2, co. 2 1. n. 241/1990.

13.4. — Mutatis mutandis, la formula stereotipa impiegata dall’Amministrazione stride ulteriormente con il metro temporale di riferimento individuato dal legislatore nell’art. 87 cit., in misura pari al biennio a far data dall’illecito: l’imprevedibile dilatazione discrezionale di tale lasso temporale, che giunge financo ad ottuplicarsi nel caso di specie senza alcuna plausibile ragione consegna l’effettiva applicazione dell’istituto della riabilitazione disciplinare all’incontrollabile arbitrio degli organi interni di disciplina, privando di qualsivoglia parametro ragionevole di riferimento gli istanti in riabilitazione.

13.5. — Inoltre, concreta un ulteriore profilo di carenza motivazionale la sostanziale pretermissione delle risultanze dei rapporti informativi annuali, comprovanti per il lasso quindicennale una condotta di servizio ineccepibile sempre valutata con la qualifica di ottimo: il protrarsi del periodo di osservazione, così apoditticamente cristallizzato nel corpo motivazionale, onerava l’Amministrazione di dare conto delle ragioni per cui, nonostante la condotta lodevole del dipendente costantemente serbata negli anni, si richiedessero ulteriori — e imprecisati — periodi di osservazione ai fini della concessione del beneficio.

14. — In senso concorde con quanto dianzi considerato opina la giurisprudenza amministrativa di merito in un caso affine a quello venuto odiernamente in esame: “l’art. 87 d.P.R. n. 3/1957 dispone che il decorso di soli due anni è astrattamente sufficiente a consentire la riabilitazione disciplinare. Decorso tale termine, il diniego del beneficio non può essere basato sul mero rilievo della non sufficienza del tempo trascorso a dimostrare un « ravvedimento operoso», ma deve basarsi su una puntuale valutazione del contegno complessivamente tenuto nell’assolvimento degli obblighi di servizio dall’interessato. Nella specie, la motivazione del diniego risulta, invece, priva di ogni concreto riferimento al comportamento del dipendente nel periodo successivo alla inflizione della ultima sanzione patita, risalente a ben quindici anni prima, periodo durante il quale il medesimo non solo ha ottenuto il giudizio annuale di « ottimo » ma ha altresì documentato di aver conseguito varie note di compiacimento che avrebbero potuto e dovuto essere valutate dall’amministrazione al fine di verificare la sussistenza delle condizioni per concedere la riabilitazione” (cfr. ‘T.A.R. Reggio Calabria, (Calabria) sez. I, 02/03/2020, n.140).

15. — Suggella l’orientamento cui intende aderire il Collegio una recente pronuncia del Consiglio di Stato alla stregua della quale alla luce di una lettura coordinata dell’art. 87 cit. e dell’art. 3 Ln. 241/1990, il potere di riabilitazione conferito all’Amministrazione, per quanto connotato da discrezionalità, deve pur sempre essere esercitato in modo adeguato esplicitando le ragioni per cui la condotta tenuta dall’interessato nel lasso di tempo decorso dalla sanzione disciplinare non ne dimostri un ravvedimento, segnatamente nei casi in cui, qual è quello in esame, è decorso un lasso temporale molto lungo sia dai fatti sanzionati sia dai provvedimenti con i quali sono state irrogate le sanzioni (gf.
Cons. Stato, 21 dicembre 2020, n. 8181).

16. — Per le sopra sunteggiate ragioni, la determinazione reiettiva dell’Amministrazione si appalesa affetta da eccesso di potere per carenza istruttoria e motivazionale di tal ché il ricorso deve trovare accoglimento con conseguente caducazione dei provvedimenti impugnati.

17.- In considerazione della novità delle questioni sottese al contenzioso in trattazione, il Collegio ravvisa, a mente del combinato disposto degli artt. 26, comma 1, c.p.a. e 92, comma 2, c.p.c., giustificate ragioni per compensare integralmente fra le parti costituite le spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, pet l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Vista la richiesta dell’interessato e ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, comma 1, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la parte interessata.

Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 23 giugno 2021 con l’intervento dei magistrati

TAR SENTENZA

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