Il TAR del Lazio, con un provvedimento cautelare (ordinanza cautelare n. 1234/2022) ha accolto la domanda di un dipendente sospeso dal lavoro e dalla retribuzione perché non vaccinato, riconoscendogli un assegno alimentare pari alla metà dello stipendio, in attesa dell’udienza che dovrà trattare il merito della questione. Il procedimento è stato incardinato da un ricorso presentato da un Assistente Capo di Polizia Penitenziaria con il quale si chiede l’annullamento del provvedimento del Dipartimento per la giustizia minorile con cui il ricorrente è stato sospeso dallo svolgimento dell’attività lavorativa.
Nella motivazione del provvedimento si legge: “Considerato che il ricorso richiede approfondimento di merito, in relazione ai profili di doveroso bilanciamento di valori costituzionali, tra la tutela della salute come interesse collettivo – cui è funzionalizzato l’obbligo vaccinale – e l’assicurazione di un sostegno economico vitale – idoneo a sopperire alle esigenze essenziali di vita, nel caso di sospensione dell’attività di servizio per mancata sottoposizione alla somministrazione delle dosi e successivi richiami, c.d. booster – tenuto conto che la sospensione è dichiaratamente di natura non disciplinare e implica la privazione integrale del trattamento retributivo….””.
Al ricorrente è stato riconosciuto in via provvisoria un assegno alimentare pari alla metà del trattamento retributivo di attività.
Non si tratta dell’unico caso poiché la V Sezione del TAR Lazio-Roma con una serie di decreti cautelari aveva già accolto varie istanze cautelari ante causam in tema di obbligo vaccinale.
Nei casi di specie, si è trattato di dipendenti pubblici sospesi dal proprio datore in applicazione dell’art. 2, comma 3 del decreto-legge 26 novembre 2021, n. 172. Disposizione che, com’è ben noto, ha condotto a una estensione dell’obbligo vaccinale per ulteriori categorie di lavoratori oltre i sanitari.
Gli istanti avevano richiesto l’emanazione di una misura cautelare monocratica (quindi disposta dal giudicante, in composizione monocratica, in assenza di contraddittorio con la controparte).
Le istanze risultano accolte con una motivazione orientata a valorizzare il rapporto fra corresponsione della retribuzione ed esigenza di soddisfare delle esigenze fondamentali della vita.
Infatti, dopo aver “Considerato che il ricorso, prospettando in sostanza profili di illegittimità costituzionale della normativa concernente l’obbligo, per determinate categorie di personale in regime d’impiego di diritto pubblico, di certificazione vaccinale ai fini dell’ammissione allo svolgimento della prestazione lavorativa, richiede adeguato approfondimento nella sede propria collegiale”, il giudicante ha altresì “Ritenuto che, in relazione alla privazione della retribuzione e quindi alla fonte di sostegno delle esigenze fondamentali di vita, sussistono profili di pregiudizio grave e irreparabile, tali da non tollerare il differimento della misura cautelare sino all’esame collegiale.”
Di conseguenza, sebbene non vi sia stata una esplicita presa di posizione in ordine alla sussistenza o meno di un fumus in ordine alla questione di costituzionalità prospettata dai ricorrenti, l’istanza è stata accolta sul presupposto della sussistenza di un grave e irreparabile rischio per i ricorrenti, rimettendo alla valutazione del collegio il tema della legittimità della disposizione normativa posta alla base del provvedimento impugnato.
A seguito dell’emanazione di questi provvedimenti abbiamo già incaricato i nostri legali per preparare anche per i nostri iscritti sospesi un ricorso per il riconoscimento dell’assegno alimentare, come sin dall’inizio richiesto da noi all’Amministrazione. A breve, renderemo note le modalità organizzative dell’iniziativa.