E’ legittimo effettuare altre attività se l’assistenza al disabile è comunque garantita

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La Corte di Cassazione con l’ordinanza numero 12679 del 9 maggio 2024 ha ordinato il reintegro del lavoratore licenziato perché, usufruendo dei permessi di cui alla legge 104/1992 per assistere la propria moglie, si era recato con lei al mare durante i giorni di assistenza, eseguendo altresì alcune commissioni, tra le quali portare il cane dal veterinario.

Il Tribunale, dinanzi al quale il lavoratore aveva impugnato il provvedimento, aveva confermato il licenziamento, mentre la Corte di Appello, interessata sempre dal lavoratore, aveva riconosciuto le sue ragioni e riformato la decisione di primo grado.

Gli Ermellini hanno, alla fine, confermato la decisione della Corte d’Appello escludendo l’utilizzo improprio dei permessi di specie relativamente al fatto che il lavoratore si sia recato al mare con la moglie, beneficiaria dell’assistenza, trascorrendovi alcune delle giornate di permesso.

I giudici della Cassazione, nel motivare la propria decisione, hanno ribadito il principio per il quale debba ritersi legittimo il licenziamento del lavoratore solo quando questi utilizzi i permessi di specie per svolgere attività diverse dall’assistenza al familiare disabile.

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Ove il nesso causale tra assenza dal lavoro ed assistenza al disabile manchi del tutto, si è in presenza di un uso improprio, ovvero di un vero e proprio abuso del diritto. Infatti, il permesso è riconosciuto al lavoratore in ragione dell’assistenza al disabile.

Nel caso di specie i Giudici hanno ritenuto dimostrato come tale soggiorno portasse benefici alla salute della donna e, pertanto, fosse necessaria la presenza del marito per assisterla durante il soggiorno, anche se questo è avvenuto in altre località rispetto a quella indicata in sede di richiesta di permesso.

Allo stesso modo, del tutto irrilevante, ai fini della contestazione, è stato ritenuto l’aver portato il cane dal veterinario, circostanza che esclude una rilevanza disciplinare nei confronti dell’autore del fatto. A tale determinazione si è giunti in via generale perché i permessi ex articolo 33, comma 3, L. n. 104/1992 sono delineati quali permessi giornalieri, e non su base oraria o cronometrica (cfr. Cass. 24.8.2022, n.25290), ed in particolare perché il lavoratore ha impiegato una frazione di tempo assai limitata rispetto alla durata complessiva del permesso (secondo quando documentato dall’investigatore privato incaricato dall’azienda); ha correttamente utilizzato la restante porzione di tempo dedicandosi ad attività domestiche e assistenziali a beneficio del coniuge; è stato sorpreso dalla necessità improvvisa ed imprevista, come riferito dal veterinario, di portare l’animale presso il suo laboratorio per fornirgli le cure in concreto praticate e documentate. A ciò si aggiunga che l’accudimento dell’animale domestico ha comunque comportato una diminuzione dell’aggravio delle attività destinate ad essere alternativamente svolte dai due coniugi, e può quindi ritenersi forma di assistenza laddove abbia agevolato il congiunto beneficiario dell’assistenza.

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