Prelievo diretto dei debiti fiscali dallo stipendio dei dipendenti pubblici

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La legge di bilancio 2025 ha introdotto una novità ai fini dell’esercizio dell’attività di riscossione fiscale prevedendo, ai commi 84 e 86 dell’articolo unico, che le pubbliche amministrazioni e le società a partecipazione pubblica, prima di erogare stipendi o emolumenti superiori ai 2.500 euro, devono verificare l’esistenza di debiti fiscali non saldati superiori ai 5.000 euro. 

In sostanza, per effetto delle citate disposizioni normative, se il dipendente della pubblica amministrazione risulta debitore, l’erogazione della somma – da effettuare a titolo di stipendio, di

salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o d’impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento – viene bloccata e segnalata all’agente della riscossione.

I lavoratori pubblici che hanno cartelle per un importo di almeno 5 mila euro troveranno automaticamente bloccato il pagamento di una parte dello stipendio.

Tuttavia, il blocco si applicherà soltanto ai lavoratori che hanno uno stipendio maggiore di 2.500 euro lordi al mese.

L’entità del blocco varierà in base allo stipendio percepito. Per gli stipendi superiori a 2.500 euro si applica il settimo, mentre per emolumenti una tantum, come la tredicesima, il decimo.

Più chiaramente: per gli statali che guadagnano mensilmente più di 3.500 euro, il blocco sarà pari a 500 euro al mese fino al saldo completo del debito. Al contrario, per i dipendenti pubblici che percepiscono 1.500 euro e superano la quota dei 2.500 euro solo tramite la tredicesima, il pignoramento dovrebbe corrispondere a un decimo dello stipendio, pari a una media di 150 euro al mese.

Il nuovo regime sanzionatorio sarà operativo non prima del 2026, per consentire all’Agenzia delle Entrate – Riscossione (AdER) di aggiornare le piattaforme di controllo e a tutte le amministrazioni pubbliche di perfezionare il meccanismo di verifica.

Fino al 31 dicembre 2024, i contribuenti avevano 30 giorni per pagare, chiedere rateizzazione o fornire chiarimenti. A partire dal 1° gennaio 2025, il termine invece si allunga a 60 giorni e ciò, allo stesso tempo, agevolerà i contribuenti nel raccogliere la documentazione necessaria e presentare eventuali giustificazioni o contestazioni tramite il canale telematico Civis.

Inoltre, lo slittamento dell’entrata in vigore si traduce in più tempo a disposizione per sanare il dovuto senza effetti sulla busta paga. Occorre, poi, rammentare che il D.Lgs 110/2024 ha ampliato la possibilità di contestare le cartelle esattoriali, anche in casi in cui in passato era difficile farlo.   

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