Un nostro lettore ci scrive e ci chiede se essendo in congedo parentale possa assentarsi da casa e recarsi fuori sede per motivi personali senza portare a seguito il coniuge e la bambina per cui ha richiesto il congedo.
Durante il periodo di congedo parentale il genitore deve occuparsi unicamente del figlio e non può svolgere altre attività personali, come ad esempio un secondo lavoro. Questo non vuol dire restare tutte le 24 ore a casa insieme al bambino ma neanche assentarsi metà giornata per svolgere altri compiti. E ciò anche se la madre è presente insieme al figlio e i due si alternano nelle attività extra domestiche (ad esempio fare la spesa o comprare le medicine).
Se il genitore trascura la cura del figlio per dedicarsi a qualunque altra attività che non sia in diretta relazione con detta cura pone in essere un abuso del diritto di congedo parentale, uno sviamento dalla funzione tipica per cui tale permesso viene concesso.
La giurisprudenza (Cassazione, sez. lavoro, sentenza n. 16207/2008 e ordinanza n. 24922 del 9 settembre 2025) ha più volte affermato che si configura un abuso per sviamento dalla funzione propria del diritto qualora si accerti che il periodo di congedo viene utilizzato dalla madre o dal padre per svolgere una diversa attività lavorativa, non essendo rilevante il fatto che lo svolgimento di tale attività contribuisce ad una migliore organizzazione della famiglia.
La configurazione potestativa del diritto non esclude la verifica delle modalità del suo esercizio, per mezzo di accertamenti probatori consentiti dall’ordinamento, ai fini della qualificazione del comportamento del lavoratore negli ambiti suddetti (quello del rapporto negoziale e quello del rapporto assistenziale).
Sulla questione è stato interpellato il Ministero del Lavoro, Salute e Politiche Sociali che, nel rendere il proprio parere, ha sottolineato che il congedo parentale risponde alla precipua funzione di assicurare al genitore lavoratore un periodo di assenza dal lavoro finalizzato alla cura del bambino, e non può, quindi, essere utilizzato per intraprendere una diversa attività che, ove consentita, finirebbe col sottrarre il lavoratore dalla specifica responsabilità familiare verso la quale il beneficio è orientato.
Anche l’Inps, con la circolare n. 62 del 29/04/2010 ha precisato che il lavoratore dipendente che, durante l’assenza dal lavoro per congedo parentale, intraprenda un’altra attività (dipendente, parasubordinata o autonoma) non ha diritto all’indennità a titolo di congedo parentale ed eventualmente, è tenuto a rimborsare all’Inps l’indennità indebitamente percepita (art. 22 del D.P.R. 1026/1976).
La stessa incompatibilità si configura anche nei casi in cui il lavoratore dipendente intraprenda una diversa attività durante periodi di congedo parentale non indennizzabili per superamento dei limiti temporali e reddituali previsti dalla legge (artt. 32 e 34 del D.Lgs. 151/2001); in tale ipotesi, infatti, al lavoratore non può essere riconosciuta la copertura figurativa per i periodi di congedo impropriamente utilizzati.
Ovviamente, il tutto si riferisce a quei periodi di congedo parentale relativamente ai quali risulti verificato il contemporaneo svolgimento della nuova attività lavorativa intrapresa.
Tale ipotesi – precisa l’Inps – è differente rispetto all’ipotesi in cui il lavoratore sia titolare di più rapporti di lavoro a tempo parziale (orizzontale), ed eserciti il diritto al congedo parentale relativamente ad uno dei rapporti di lavoro, proseguendo l’attività nell’altro o negli altri rapporti. In tale caso, infatti, il lavoratore non si avvale dell’assenza. In definitiva, i permessi devono essere utilizzati per la cura diretta del bambino, mentre qualunque altra attività costituisce una condotta contraria a buona fede nei confronti sia del datore, privato ingiustamente della prestazione, sia dell’istituto previdenziale, che eroga l’indennità.