Il congedo di paternità obbligatorio spetta anche al genitore intenzionale di una coppia di donne

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La legge sul congedo obbligatorio di paternità, articolo 27-bis dlgs 151/2001, concede dieci giorni di congedo obbligatorio al padre utilizzabili nei due mesi precedenti la data presunta del parto e i cinque mesi successivi. La norma fa esplicito riferimento esclusivamente al padre, non ricomprendendo eventualmente anche il concetto di “altro genitore” che si riferisce alle coppie fra persone dello stesso sesso. Nel caso di due donne, i diversi ruoli sono appunto definiti dal concetto di madre naturale, o biologica, e madre intenzionale.

La Corte Costituzionale, con la sentenza numero 115, del 21 luglio 2025, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 27-bis del decreto legislativo numero 151 del 2001 nella parte in cui non riconosce il congedo di paternità obbligatorio a una lavoratrice, genitore intenzionale in una coppia di donne risultanti genitori nei registri dello stato civile. Tale esclusione, secondo il giudice delle leggi, determina un’irragionevole disparità di trattamento rispetto alla situazione in cui il beneficio è riconosciuto al padre lavoratore in coppie composte da genitori di sesso diverso». La legge deve garantire ai genitori di poter dedicare «un tempo adeguato alla cura del minore, anche attraverso la modulazione di quello da destinare al lavoro, in coerenza con la finalità di favorire l’esercizio dei doveri genitoriali secondo una migliore organizzazione delle esigenze familiari».

All’interno di una coppia entrambi i genitori sono chiamati a provvedere al benessere fisico, psicologico ed educativo di un bambino, e in questo contesto, risulta manifestamente irragionevole la scelta del legislatore di non riconoscere il congedo obbligatorio, previsto a favore del padre in una coppia di genitori-lavoratori di sesso diverso, alla madre intenzionale di una coppia omoaffettiva composta da due donne.

La questione era stata sollevata dalla Corte d’appello di Brescia, che aveva ritenuto discriminatoria la disposizione che consentiva soltanto al padre di fruire del congedo di paternità obbligatorio, pari a 10 giorni di astensione dal lavoro retribuiti al 100%, escludendo, quindi, dal beneficio la “seconda madre”, nel caso in cui la coppia di genitori sia formata da due donne riconosciute entrambe, perché iscritte nei registri dello stato civile, come madri dallo Stato italiano.

Con la sentenza indicata, la Corte ha ritenuto manifestamente irragionevole la disparità di trattamento tra coppie genitoriali composte da persone di sesso diverso e coppie composte da due donne riconosciute come genitori di un minore nato attraverso tecniche di procreazione medicalmente assistita svolte all’estero conformemente alla lex loci. Costoro, infatti, ha osservato la Corte, condividendo un progetto di genitorialità, hanno assunto, al pari della coppia eterosessuale, la titolarità giuridica di quei doveri funzionali alle esigenze del minore che l’ordinamento considera inscindibilmente legati all’esercizio della responsabilità genitoriale.

L’orientamento sessuale, ha precisato la Consulta, non incide di per sé sulla idoneità all’assunzione di tale responsabilità. Risponde all’interesse del minore, che ha carattere di centralità nell’ordinamento nazionale e sovranazionale, di vedersi riconoscere lo stato di figlio della madre biologica, che lo ha partorito, e di quella intenzionale, che abbia condiviso l’impegno di cura nei suoi confronti. Il diritto del minore a mantenere un rapporto con entrambi i genitori è riconosciuto a livello di legislazione ordinaria (articoli 315-bis e 337-ter del codice civile) nonché da una serie di strumenti internazionali e dell’Unione europea.

Con riguardo, in particolare, alla provvidenza in questione, osserva la Corte, viene in rilievo l’esigenza di dedicare un tempo adeguato alla cura del minore, anche attraverso la modulazione di quello da destinare al lavoro, in coerenza con la finalità di favorire l’esercizio dei doveri genitoriali secondo una migliore organizzazione delle esigenze familiari, in un processo di progressiva valorizzazione dell’aspetto funzionale della genitorialità, identico nelle formazioni costituite da coppie omosessuali ed eterosessuali. Ed è ben possibile, conclude la Corte, identificare nelle coppie omogenitoriali femminili una figura equiparabile a quella che è la figura paterna all’interno delle coppie eterosessuali, distinguendo tra la madre biologica e quella intenzionale, che ha condiviso l’impegno di cura e responsabilità nei confronti del nuovo nato e vi partecipa attivamente.

(Fonte: Comunicato Corte costituzionale del 21 luglio 2025).

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