Il congedo parentale non va confuso con il congedo di maternità/paternità

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Il congedo parentale non va confuso con il congedo di maternità/paternità. Esso consiste in periodo di astensione facoltativo dal lavoro concesso ai genitori per prendersi cura del bambino nei suoi primi anni di vita per soddisfare i suoi bisogni affettivi e relazionali.

Beneficiari del congedo parentale sono i genitori naturali e adottivi che siano in costanza di rapporto di lavoro, entro i primi 12 anni di vita del bambino per un periodo complessivo tra i due genitori non superiore a 10 mesi. I mesi salgono a 11 se il padre lavoratore si astiene dal lavoro per un periodo continuativo o frazionato di almeno tre mesi. Tale periodo complessivo può essere fruito dai genitori anche contemporaneamente. Se il rapporto di lavoro cessa all’inizio o durante il periodo di congedo, il diritto al congedo stesso viene meno dalla data di interruzione del lavoro. Il diritto non spetta ai genitori disoccupati o sospesi, i genitori lavoratori domestici, i genitori lavoratori a domicilio.
Sono, dunque beneficiari:

  • la madre lavoratrice dipendente per un periodo continuativo o frazionato di massimo 6 mesi;
  • il padre lavoratore dipendente per un periodo continuativo o frazionato di massimo 6 mesi, che possono diventare 7 in caso di astensione dal lavoro per un periodo continuativo o frazionato di almeno 3 mesi;
  • il padre lavoratore dipendente, anche durante il periodo di astensione obbligatoria della madre (a partire dal giorno successivo al parto) e anche se la stessa non lavora;
  • il genitore solo (padre o madre) per un periodo continuativo o frazionato di massimo 10 mesi.

Ai lavoratori dipendenti che siano genitori adottivi o affidatari, il congedo parentale spetta con le stesse modalità dei genitori naturali, quindi entro i primi 12 anni dall’ingresso del minore nella famiglia, indipendentemente dall’età del bambino all’atto dell’adozione o affidamento e non oltre il compimento della maggiore età.

La legge 24 dicembre 2012, n. 228, ha introdotto la possibilità di frazionare a ore il congedo parentale, rinviando, tuttavia, alla contrattazione collettiva di settore il compito di stabilire le modalità di fruizione.
Il decreto legislativo 25 giugno 2015, n. 81, ha previsto infine la possibilità di chiedere la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in tempo parziale, al posto del congedo parentale o entro i limiti del congedo ancora spettante. La riduzione dell’orario non deve però superare il 50%.

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Per ciò che concerne il trattamento economico, ai genitori lavoratori dipendenti spetta:

  • un’indennità pari al 30% della retribuzione media giornaliera, calcolata in base alla retribuzione del mese precedente l’inizio del periodo di congedo, entro i primi 6 anni di età del bambino (o dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento) e per un periodo massimo complessivo (madre e/o padre) di sei mesi;
  • un’indennità pari al 30% della retribuzione media giornaliera, dai 6 anni e un giorno agli 8 anni di età del bambino (o dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento), solo se il reddito individuale del genitore richiedente è inferiore a 2,5 volte l’importo annuo del trattamento minimo di pensione ed entrambi i genitori non ne abbiano fruito nei primi sei anni o per la parte non fruita anche eccedente il periodo massimo complessivo di sei mesi;
  • nessuna indennità dagli 8 anni e un giorno ai 12 anni di età del bambino (o dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento).

La domanda va inoltrata prima dell’inizio del periodo richiesto. Se viene presentata dopo saranno pagati solo i giorni di congedo successivi alla data di presentazione della domanda. Per le lavoratrici e i lavoratori dipendenti, l’indennità è anticipata dal datore di lavoro, tranne per gli operai agricoli a tempo determinato, i lavoratori stagionali a termine e i lavoratori dello spettacolo a tempo determinato, per i quali è previsto il pagamento diretto dall’INPS, così come per le lavoratrici e i lavoratori iscritti alla Gestione Separata e per le lavoratrici autonome.

Il diritto all’indennità si prescrive entro un anno e decorre dal giorno successivo alla fine del periodo indennizzabile.

 

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