Il principio è contenuto nella Sentenza della Cassazione Penale Sez. 1^, n. 8356/2022 pronunciata nell’udienza del 25 gennaio 2022 e depositata il successivo 11 marzo.
Con la citata decisione i giudici di piazza Cavour hanno emendato la sentenza di condanna alla pena di 150,00 euro di ammenda, comminata dal giudice di merito, per la commissione del reato di cui all’art. 651 c.p., a persona che si era rifiutata “di fornire indicazioni sulla propria identità personale ad alcuni Carabinieri in servizio”.
La decisione contestata aveva affermato la penale responsabilità dell’imputato che, richiesto di fornire le proprie generalità nel corso di un controllo operato dai due militari in borghese presso un esercizio pubblico, nonostante gli operanti si fossero qualificati come Carabinieri ed avessero esibito la tessera identificativa, si era rifiutato di esibire un documento di identità, aveva addotto a giustificazione l’omessa specificazione del motivo della richiesta e li aveva invitati ad effettuare altrove la loro attività d’istituto.
Secondo la Cassazione, con riguardo alla qualificazione giuridica del fatto, consistita nel rifiuto di fornire il documento di identità alla richiesta di Carabinieri in servizio, risultava errata l’individuazione delle disposizioni normative applicabili nel caso di specie, che, diversamente da quanto contestato e ritenuto dai giudici di merito, sono quelle degli artt. 294 del R.D. 6 maggio 1940, n. 635 e 221 T.U.L.P.S., anziché quelle degli artt. 4 e 17 T.U.L.P.S.
L’articolo 294 prevede, infatti, che: «La carta di identità od i titoli equipollenti devono essere esibiti ad ogni richiesta degli ufficiali e degli agenti di pubblica sicurezza», imponendo il chiaro e univoco obbligo di esibizione del documento d’identità a fronte della richiesta degli agenti di pubblica sicurezza, la cui violazione è sanzionata dall’art. 221, comma 2, TULPS, a norma del quale: «Salvo quanto previsto dall’articolo 221-bis, le contravvenzioni alle disposizioni di tali regolamenti sono punite con l’arresto fino a due mesi o con l’ammenda fino a euro 103». E poiché l’art. 221-bis TULPS non prevede una sanzione amministrativa per la violazione dell’articolo 294 del Regolamento, deve concludersi che ad essa è applicabile la sanzione penale prevista dall’art. 221 T.U.L.P.S., inferiore a quella stabilita dall’articolo 17 stesso testo legislativo, per la minore gravità della condotta rispetto a quella di chi omette di dotarsi del documento di identità essendo ritenuto pericoloso o sospetto ex art. 4, secondo comma, T.U.L.P.S.
Secondo i giudici di legittimità, dunque, in linea con la giurisprudenza più recente, «il rifiuto di consegnare il documento di riconoscimento al pubblico ufficiale integra gli estremi del reato di cui all’art. 221 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza e 294 del relativo regolamento e non il reato di cui all’art. 651 del codice penale» (Sez. 1, n. 5397 del 01/12/2020, Rv. 280802; Sez. 6, n. 6864 del 03/05/1993, Rv. 195412) La fattispecie in discorso, caratterizzata dal semplice rifiuto di esibire il documento di cui si è in possesso va, dunque, tenuta distinta da quella, apparentemente simile, in cui è però presente un elemento specializzante costituito dall’inottemperanza all’invito impartito alla persona sospetta o pericolosa di munirsi di un documento di identità a norma dell’art. 4, secondo comma, TULPS, il che determina l’applicazione della più grave sanzione di cui all’art. 17 T.U.L.P.S.
Com’è ben evidente, si tratta di una sentenza di grande interesse per l’attività dell’operatore di polizia.
Ricordiamo che le persone possono essere identificate tramite l’esibizione della carta d’identità o di un documento, recante la fotografia, e rilasciato da una Amministrazione dello Stato (patente di guida, libretto di porto d’armi, passaporto per l’estero, libretto ferroviario di cui sono muniti gli impiegati civili e militari dello Stato ed i loro familiari – i c.d. modelli AT e BT, patente nautica e la tessera di riconoscimento postale).
I cittadini hanno, inoltre, l’obbligo di esibire la carta d’identità, o un documento equipollente, ad ogni richiesta degli Ufficiali o Agenti di Pubblica Sicurezza (articolo 294 R.D. 6 maggio 1940, n. 635).
La giurisprudenza aveva sostenuto che l’obbligo di declinare le generalità non si estendesse all’esibizione dei documenti d’identità, non essendo il soggetto richiesto tenuto a documentare la propria identità personale (Cass. 2 marzo 1992, n. 2261).
Ora, la giurisprudenza di legittimità nei suoi orientamenti più recenti, si è orientata nel senso di ritenere che «il rifiuto di consegnare il documento di riconoscimento al pubblico ufficiale integra gli estremi del reato di cui all’art. 221 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza e 294 del relativo regolamento e non il reato di cui all’art. 651 del codice penale» (Sez. 1, n. 5397 del 01 dicembre 2020, Rv. 280802; Sez. 6, n. 6864 del 03 maggio 1993, Rv. 195412).
L’articolo 294 prevede, infatti, che: «La carta di identità od i titoli equipollenti devono essere esibiti ad ogni richiesta degli ufficiali e degli agenti di pubblica sicurezza», imponendo il chiaro e univoco obbligo di esibizione del documento d’identità a fronte della richiesta degli agenti di pubblica sicurezza, la cui violazione è sanzionata dall’art. 221, comma 2, TULPS, a norma del quale: «Salvo quanto previsto dall’articolo 221-bis, le contravvenzioni alle disposizioni di tali regolamenti sono punite con l’arresto fino a due mesi o con l’ammenda fino a euro 103». E poiché l’art. 221-bis TULPS non prevede una sanzione amministrativa per la violazione dell’articolo 294 del Regolamento, deve concludersi che ad essa è applicabile la suddetta sanzione penale prevista dall’art. 221 T.U.L.P.S., inferiore a quella stabilita dall’articolo 17 stesso testo legislativo, per la minore gravità della condotta rispetto a quella di chi omette di dotarsi del documento di identità essendo ritenuto pericoloso o sospetto ex art. 4, secondo comma, T.U.L.P.S.
In tema di reati contro l’ordine pubblico, invece, la Cassazione (Cass. Pen. sez. VI, 21/11/2019, n.6799) ha considerato che il rifiuto di consegnare il documento di riconoscimento al pubblico ufficiale integra la contravvenzione di cui agli artt. 4 R.D. 18 giugno 1931, n. 773 e 294 R.D. 6 maggio 1940, n. 635, a condizione che la persona cui è rivolta la richiesta sia pericolosa o sospetta, presupposti che non conseguono al mero rifiuto di fornire le proprie generalità.
Riassumendo:
a) il rifiuto di consegnare il documento di riconoscimento al pubblico ufficiale integra gli estremi del reato di cui all’art. 221 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza e 294 del relativo regolamento,
b) l’omissione di dotarsi del documento di identità, essendo ritenuto pericoloso o sospetto ex art. 4, secondo comma, T.U.L.P.S. verrà punita con l’applicazione dell’articolo 17 T.U.L.P.S.
c) il rifiuto di dare ad un pubblico ufficiale, nell’esercizio delle sue funzioni, indicazioni sulla propria identità personale, sul proprio stato o su altre qualità personali che gli sono state da costui richieste verrà sanzionato con l’articolo 651 c.p.