Pensione di reversibilità del coniuge divorziato

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Il coniuge divorziato ha diritto alla pensione di reversibilità ai sensi dell’art. 9 comma 2 Legge n. 898/1970 ovvero ad una quota se concorre con il coniuge superstite.

L’ex coniuge, in caso, quindi, di divorzio, ha diritto a percepire la prestazione previdenziale di reversibilità ai sensi dell’art. 9 c. 2 L. n. 898/1970, come modificato dalla L. n. 74/87 in presenza delle seguenti condizioni:

  • titolarità pregressa all’assegno divorzile;
  • permanenza dello stato di ex coniuge, lo stesso cioè non deve aver contratto nuove nozze;
  • anteriorità del rapporto da cui trae origine il trattamento pensionistico rispetto alla sentenza di divorzio.
  • titolarità dell’assegno divorzile.

Sul requisito della titolarità dell’assegno divorzile ai fini del riconoscimento della pensione di reversibilità la Cassazione, con l’ordinanza n. 27875/2021 ha ricordato che “le Sezioni Unite di questa Corte (…) hanno affermato che, ai fini del riconoscimento della pensione di reversibilità in favore del coniuge nei cui confronti è stato dichiarato lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, la titolarità dell’assegno di cui all’art. 5 della legge n. 898/1970, deve intendersi come titolarità attuale e concretamente fruibile dell’assegno periodico divorzile al momento della morte dell’ex coniuge e non già come titolarità astratta del diritto all’assegno divorzile già definitivamente soddisfatto con la corresponsione in unica soluzione. In quest’ultimo caso, infatti, difetta il requisito funzionale del trattamento di reversibilità, che è dato dal medesimo presupposto solidaristico dell’assegno periodico di divorzio, finalizzato alla continuazione del sostegno economico in favore dell’ex coniuge, mentre nel caso in cui sia stato corrisposto l’assegno «una tantum» non esiste una situazione di contribuzione economica che viene a mancare (Cass., Sez. U., 24 settembre 2019, n. 22434).”

Il coniuge divorziato in possesso dei requisiti sopra indicati, può presentare domanda di reversibilità all’INPS in una delle seguenti modalità alternative:

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  • online attraverso il servizio dedicato e presente sul sito dell’Istituto;
  • rivolgendosi agli Istituti di patronato e agli intermediari dell’Istituto che mettono a disposizione del richiedente i propri servizi telematici;
  • tramite Contact center, che fornisce un servizio gratuito per le chiamate da rete fissa e a pagamento, in base alla tariffa applicata dall’operatore, per le chiamate da cellulare.

Se il coniuge assistito concorre con il coniuge superstite, l’attribuzione della pensione di reversibilità avviene per quote. La Cassazione ha precisato i criteri da seguire per la ripartizione delle quote richiamando (ordinanza n. 8263/2020) importanti principi affermati anche dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 149/1999. Detti principi modificano la ripartizione a favore dell’ex coniuge divorziato rispetto al coniuge superstite. Questi sono:

  • durata dei rispettivi matrimoni;
  • durata delle rispettive convivenze prematrimoniali (con la precisazione però che “per essere valutata quale indice sintomatico della funzione di sostegno economico assolta dal dante causa nel corso della propria vita mediante la condivisione dei propri beni con la persona poi divenuta coniuge, non può essere artificialmente parcellizzata solo perché, in parte, coincidente con il periodo di separazione legale che ha preceduto il divorzio, la stessa infatti deve essere effettiva e stabile);
  • condizioni economiche dei due soggetti concorrenti alla misura;
  • entità dell’assegno divorzile.

La Corte precisa, tuttavia, che “Non tutti tali elementi, peraltro, devono necessariamente concorrere né essere valutati in egual misura, rientrando nell’ambito del prudente apprezzamento del giudice di merito la determinazione della loro rilevanza in concreto.”

Poiché coniuge assistito e coniuge superstite risultano titolari di un pari ed autonomo diritto all’unico trattamento di reversibilità che l’ordinamento previdenziale riconosce al coniuge sopravvissuto, nell’ipotesi di decesso o successive nozze del coniuge superstite, il coniuge divorziato ha diritto all’intero trattamento di reversibilità (eventualmente in concorso con gli altri beneficiari: figli, nipoti, genitori, fratelli).

Secondo quanto precisato dalla risalente Corte di Cassazione a Sezione Unite con sentenza n. 159/1988, infatti, il coniuge divorziato che abbia ab origine diritto al trattamento di reversibilità è limitato solo quantitativamente dall’omologo diritto spettante al coniuge superstite e ciò che viene suddiviso tra i contitolari è l’entità del trattamento, non già il diritto allo stesso.

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