Più facile ottenere la sede di lavoro più vicina al disabile da assistere

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Il Consiglio di Stato, con la recente sentenza n. 9322 del 20 novembre 2024, ha stabilito la necessità di una motivazione rafforzata per il provvedimento con cui si nega il trasferimento del dipendente pubblico ai sensi del comma 5 dell’art. 33 della legge 104 il quale stabilisce che il lavoratore dipendente pubblico o privato  che assiste un familiare con disabilità grave a norma del comma 3 dell’art. 3 della legge 104 – ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere.

La vicenda sottoposta all’attenzione del Consiglio di Stato prende avvio della richiesta di un dipendente pubblico – un vigile del fuoco – volta a ottenere l’assegnazione temporanea a una sede d’impiego diversa, per assistere la moglie affetta da disabilità grave.

L’interessato impugnava senza successo il provvedimento di diniego dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale competente per territorio.

Contro la pronuncia del TAR, proponeva successivamente appello al Consiglio di Stato, evidenziando la mancata concreta e puntuale verifica – da parte del TAR – sulla compatibilità dello spostamento temporaneo del lavoratore con le esigenze di servizio.

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Il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso di primo grado e annullato l’atto con esso impugnato.

Nello specifico, come sottolineato dal Consiglio di Stato stesso, nell’ambito dei rapporti di lavoro pubblico non privatizzati, la normativa (art. 33, comma 5 della Legge 104) comporta un bilanciamento complessivo tra l’interesse del privato e gli interessi pubblici nell’esercizio del potere discrezionale da parte dell’Amministrazione.

D’altronde, questa tipologia di trasferimento viene disposta a vantaggio del disabile e non nell’interesse esclusivo dell’Amministrazione o del richiedente.

Da tale bilanciamento deriva che la pretesa del lavoratore può essere accolta qualora risulti compatibile con le esigenze economiche e organizzative del datore di lavoro e qualora sussista la disponibilità, nella sede di destinazione, del posto in ruolo al fine del proficuo utilizzo del dipendente che richiede il trasferimento.

Sul punto, il Consiglio di Stato ha sostenuto che la possibilità per l’Amministrazione di negare il trasferimento è legato a effettive e ben individuate criticità che l’Amministrazione stessa ha il dovere di indicare in modo compiuto.

Di conseguenza, sebbene la normativa non preveda un diritto soggettivo del dipendente al trasferimento e si limiti a stabilire una valutazione con criterio di priorità, l’Amministrazione è obbligata a motivare in modo solido e compiuto un eventuale diniego.

Pertanto, per l’Amministrazione che intende respingere la richiesta di trasferimento ai sensi dell’art. 33 della Legge 104, non è sufficiente richiamare genericamente dati organizzativi come, ad esempio, generiche carenze di organico o generiche necessità di servizio da fronteggiare, ma è necessario dare conto delle ragioni effettive di criticità che il trasferimento del dipendente porrebbe.

Questo è possibile solo attraverso una congrua motivazione da cui deve risultare una verifica accurata delle esigenze funzionali: ossia occorre un’indicazione concreta di elementi che impediscono il trasferimento, riferiti alla sede di servizio in atto, anche rispetto alla sede di servizio richiesta.

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