L’adibizione “costante e sistematica” a mansioni inferiori svolte per “buona parte della giornata lavorativa” configurano un danno alla dignità professionale e all’immagine lavorativa liquidabile in via equitativa in misura pari al 6% della retribuzione.
Il principio è enunciato nell’ordinanza 8 maggio 2025 n. 12128, dalla Corte di Cassazione a conferma di quanto statuito in sede d’appello.
La decisione ha riguardato il ricorso proposto da un’infermiera che era stata adibita ad attività proprie degli operatori sociosanitari (OSS).
Nella fattispecie all’esame della Corte veniva, in particolare, riscontrata la compresenza di inequivocabili fattori quali: la lunga durata di svolgimento dell’attività di rango inferiore; la natura prettamente manuale dei compiti imposti, a fronte del carattere anche intellettuale, per il livello di conoscenze richiesto, della professione dell’infermiere e il verificarsi di tutto ciò alla presenza dei pazienti.
I giudici di piazza Cavour dopo aver premesso che la richiesta agli infermieri di svolgere attività proprie degli OSS non è a priori illegittima, in quanto essa trova fondamento nei doveri di flessibilità del lavoratore e nel canone di leale collaborazione posto a tutela dell’interesse pubblico (Cass. 17 settembre 2020, n. 19419), hanno, tuttavia, puntualizzato che questo può verificarsi solo se si tratti di attività che non esprimano contenuti professionali del tutto estranei rispetto ai compiti propri dell’infermiere, ma ciò non è nel caso di specie, ove è evidente che le incombenze richieste riguardavano comunque la cura della persona, che rappresenta tratto comune alle due professionalità (Cass. 19419/2020);
la richiesta di tali prestazioni deve, però, rispondere a un’esigenza organizzativa, operativa o di sicurezza concreta e non, dunque, a scelte estemporanee o a pretese di lavoro di livello inferiore, pur in presenza di disponibilità del personale della categoria pertinente (Cass. 19419/2020);
le mansioni inferiori devono essere richieste “incidentalmente o marginalmente”: è escluso, quindi, che sia legittima la loro pretesa “non in via occasionale, ma in maniera programmata” (Cass. 8910/2019).
In definitiva, il principio di diritto enunciato nella sentenza è che il “ricorso sistematico e non marginale alle mansioni inferiori” integri la violazione del diritto del lavoratore al rispetto della propria professionalità” essendo violata la coerenza tra inquadramento e mansioni sancita dall’art. 52 del D.Lgs. n. 165 del 2001 (Testo Unico del pubblico impiego).