Debiti col fisco e tempi di decadenza e prescrizione

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I debiti fiscali non soddisfatti costituiscono oggetto e contenuto di cartelle esattoriali soggette a termini di decadenza e prescrizione.

Le cartelle esattoriali riguardano tributi quali IRPEF, IRAP, IVA, IMU, TARI, TASI, Canone RAI, multe e contributi previdenziali oltre a bollo, multe, contributi e tributi, diritti camerali, crediti da lavoro.

Prima di tutto, bisogna distinguere tra decadenza della cartella di pagamento e termini di prescrizione.

Il concetto giuridico di decadenza si riferisce al mancato esercizio da parte dell’Agenzia delle Entrate dell’azione di riscossione, relativamente ai termini previsti. In buona sostanza, a decadere non è il diritto di credito ma il diritto ad agire mediante riscossione.

La prescrizione, invece, rappresenta una sanzione per l’Ente di riscossione per non aver esercitato un diritto nei termini. Quando una cartella cade in prescrizione, ad essere estinta non è solo l’azione, ma anche il diritto: un credito prescritto si considera estinto.

Il termine di prescrizione del diritto alla riscossione dei crediti erariali per la parte del capitale è decennale (art. 2949 c.c.), per gli accessori (sanzioni ed interessi) è di cinque anni (art. 20 d.lgs. 472/1997 e art. 2948 c.c.): lo ha previsto la Corte dii Cassazione con Ordinanza n. 27093/2022.

I termini di prescrizione sono di 10 anni nel caso in cui i crediti siano stati accertati dal giudice con sentenza passata in giudicato.

Anche il canone RAI si considera prescritto dopo 10 anni, a partire dalla fine di gennaio dell’anno in cui sarebbe dovuto essere corrisposto (Cassazione, sentenza n. 18432/ 2005).

Per quanto riguarda i contributi previdenziali INPS, i contributi INAIL e i contributi Fondo pensioni lavoratori dipendenti e altre gestioni pensionistiche obbligatorie, incluso il contributo di solidarietà di cui all’articolo 9-bis, comma 2, del decreto-legge n. 103/1991 i termini di prescrizione sono regolati dalla Legge 335/1995 e variano in base al periodo di riferimento:

  • 10 anni per contributi anteriori al 1° gennaio 1996;
  • 10 anni in caso di mancato versamento dei contributi denunciato dal lavoratore o dai suoi eredi aventi diritto;
  • 5 anni per i contributi successivi al 1° gennaio 1996.

Dopo che la cartella di pagamento è divenuta definitiva, però, il credito si prescrive sempre 5 anni (sentenza Corte di Cassazione n. 1652/2020).

IRPEF, IRAP e IVA si prescrivono secondo i termini ordinari di 10 anni, non essendo prevista alcuna norma specifica. Interpretazione confermata anche dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 4283/2010.

Anche per i tributi locali, come IMU, TARI e TASI, in realtà esiste una norma specifica in tema di termini di prescrizione, dunque si applica l’articolo 2948, n. 4 del Codice Civile il quale sancisce la prescrizione in 5 anni di tutto ciò che viene pagato periodicamente. Interpretazione confermata sempre dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 4283/2010.

Le multe per violazione del codice stradale si prescrivono in 5 anni decorrenti dal giorno in cui è stata commessa l’infrazione (art. 209 cod. della strada e art. 28 della Legge n. 689/1981). Per il mancato versamento del bollo auto la prescrizione è invece fissata a 3 anni decorrenti dal terzo anno successivo a quello a cui si riferisce il pagamento (art. 5 del D.l.953/82, così come modificato dall’art.3 del D.l. 2/86 convertito nella legge 60/86).

Si prescrivono in 5 anni i crediti da lavoro relativi a stipendi e straordinari, tredicesima e quattordicesima, premi di produzione e TFR accantonato. Si prescrivono in 10 anni, le indennità, le somme una tantum.

I termini di prescrizione decorrono dal momento in cui termina il rapporto di lavoro.

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