L’ordinamento italiano ha predisposto un quadro normativo specifico che mira a offrire un percorso di riabilitazione dalla tossicodipendenza che consenta la conservazione del posto di lavoro durante la cura, bilanciando le esigenze organizzative del datore di lavoro con il diritto fondamentale del lavoratore alla cura e al recupero.
Il diritto del lavoratore tossicodipendente di conservare il posto di lavoro è, tuttavia sottoposto a alcune condizioni stabilite da una legge, integrate dalla contrattazione collettiva per alcune categorie di lavoratori. Per la Polizia di Stato non esistono, al momento, previsioni contrattuali.
Il diritto fondamentale del lavoratore che intraprende un percorso di recupero è sancito dall’articolo 124 del DPR 309/1990 (Testo Unico in materia di stupefacenti). Questa norma stabilisce che i lavoratori con un contratto a tempo indeterminato hanno diritto alla conservazione del posto di lavoro per tutto il tempo necessario all’esecuzione del trattamento riabilitativo.
La legge pone un limite massimo a questa tutela, prevedendo che il periodo di assenza non possa superare i tre anni. Durante questo arco temporale, il rapporto di lavoro è sospeso. Salvo che il contratto collettivo applicato preveda una disciplina più favorevole, questo periodo di assenza è considerato a tutti gli effetti come un’aspettativa senza assegni. Ciò significa che, se non diversamente disposto, il lavoratore non percepisce la retribuzione, ma conserva il suo posto di lavoro, al quale potrà rientrare una volta concluso il programma terapeutico.
Il diritto del lavoratore è subordinato alle seguenti condizioni:
- lo stato di tossicodipendenza sia formalmente accertato da una struttura sanitaria competente;
- il lavoratore deve manifestare espressamente l’intenzione di accedere a un programma di recupero;
- il lavoratore deve dimostrare concretamente di aver aderito e di partecipare a programmi terapeutici e di riabilitazione presso i servizi sanitari delle ASL o altre strutture accreditate.
L’istituto si configura come aspettativa speciale senza assegni che prolunga il normale periodo di comporto.
Come chiarito dalla giurisprudenza, una semplice deduzione del proprio stato di dipendenza non è sufficiente per ottenere il prolungamento del periodo di comporto o l’aspettativa speciale. È necessario fornire la prova documentale dell’effettiva presa in carico da parte di una struttura terapeutica (Tribunale di Napoli 14 aprile 2022).
La tutela prevista dalla legge si estende anche ai familiari del lavoratore tossicodipendente, riconoscendo il loro ruolo fondamentale nel percorso di recupero. Anche i familiari, se lavoratori, possono, dunque, richiedere un periodo di aspettativa senza assegni per poter concorrere attivamente al programma terapeutico e socio-riabilitativo del proprio congiunto.
La condizione per ottenere questo beneficio è che il servizio per le tossicodipendenze che ha in cura il paziente ne attesti la necessità. Per quanto riguarda la durata, una circolare del Ministero del Lavoro ha precisato che, se la struttura sanitaria indica un periodo specifico per la partecipazione del familiare, questo sarà il periodo di aspettativa concesso. In caso contrario, si farà riferimento a quanto previsto dal contratto collettivo per questa o altre forme di permesso non retribuito (circolare 164/1991).






