Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Stralcio) con la Sentenza n. 13282/2023 dell’11 agosto 2023 ha rigettato un ricorso presentato da alcuni dipendenti della Polizia di Stato, inquadrati nel ruolo degli Ispettori e con qualifica apicale di Sostituto Commissario (a far data dal 1° gennaio 2017), che chiedevano il risarcimento del danno da perdita di chance derivante dalla mancata indizione, da parte dell’Amministrazione, dei concorsi per l’accesso al ruolo direttivo speciale della Polizia di Stato, previsto dal d.lgs. 334/2000, successivamente abrogato dal decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95.
Ricordiamo che a partire dal 2001, non è stato bandito alcun concorso per la copertura della dotazione organica del ruolo direttivo speciale e con l’art.1, comma 261, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (recante “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato” – Legge finanziaria 2006) era stato da ultimo stabilito che “fino a quando non saranno approvate le norme per il riordinamento dei ruoli del personale delle Forze di polizia ad ordinamento civile e degli ufficiali di grado corrispondente delle Forze di polizia ad ordinamento militare e delle Forze armate, è sospesa l’applicazione dell’articolo 24 del decreto legislativo 5 ottobre 2000, n. 334,e successive modificazioni”.
Il cennato art. 24 del d.lgs. 334/00 veniva, poi, abrogato dal decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95 (riordino delle carriere).
Diciamo subito che i Giudici del TAR del Lazio eccepiscono pregiudizialmente la prescrizione della pretesa risarcitoria ma le motivazioni del rigetto del ricorso investono anche e soprattutto il merito con una serie di considerazioni che sono importanti nella misura in cui ricostruiscono e chiariscono i limiti nei quali può essere fatto valere il “danno da perdita di chance”.
Il Tribunale, anche alla luce di statuizioni già rese in fattispecie analoga (sez. I- quater, decisione 10 dicembre 2021, n. 12802), ribadisce il principio che il risarcimento del danno da perdita di chance rientra nel più vasto genus della responsabilità aquiliana e pertanto richiede, da parte del danneggiato, la rigorosa prova della sussistenza di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie di cui all’art.2043 c.c., secondo cui il diritto al risarcimento in capo al danneggiato postula l’esistenza di un fatto doloso o colposo che cagioni ad altri un danno ingiusto (contra jus e non jure dato) e, quindi, richiede la puntuale allegazione da parte del ricorrente, oltre alla relativa prova, della sussistenza di tutti i presupposti costitutivi della fattispecie (condotta, evento, nesso di causalità, prova della sussistenza di un danno patrimoniale contra jus e non iure dato e dell’elemento psicologico del dolo o della colpa dell’amministrazione).
Specificatamente, in caso di domanda di risarcimento danni per perdita di chance la giurisprudenza consolidata richiede che ricada sul ricorrente l’onere di provare, anche facendo ricorso a presunzioni e al calcolo delle probabilità, statisticamente valutabile con giudizio prognostico ex ante secondo “l’id quod plerumque accidit” sulla base di elementi di fatto forniti dal danneggiato, la possibilità che questi avrebbe avuto di conseguire il bene della vita richiesto – nel caso specifico, il superiore inquadramento – onde attivare quantomeno il risarcimento in maniera equitativa, “atteso che la valutazione equitativa del danno ex art. 1226 c.c., presuppone pur sempre che risulti comprovata l’esistenza di un danno risarcibile” (Cass. civ. Sez. Unite, Sent., (ud. 09/07/2013) 23-09-2013, n. 21678; Cass. n. 852 del 2006, cit.).
Peraltro, secondo una tesi giurisprudenziale ancor più rigorosa, la possibilità che ogni singolo ricorrente avrebbe avuto di conseguire il bene della vita sperato- nel caso specifico, l’accesso al ruolo superiore – seppur da fornirsi presuntivamente, non può derivare dal mero calcolo matematico tra numero dei concorrenti e funzioni da assegnare, dovendo essere comparati titoli e requisiti posseduti dai candidati (Cass. civ. Sez. lavoro Sent., 14/01/2016, n. 495).
Con riferimento al risarcimento del danno da perdita di chance, i giudici rammentano che il riconoscimento di un simile danno presuppone pur sempre la perdita attuale di un probabile esito favorevole e, pertanto, ai fini del riconoscimento del danno da perdita di chance è necessaria la sussistenza di una rilevante probabilità del risultato utile, vanificata dall’agire illegittimo dell’amministrazione. Tale probabilità non è identificabile nella perdita della semplice possibilità di conseguire il risultato sperato, bensì deve consistere nella perdita attuale di un esito favorevole, anche solo probabile, se non addirittura nella prova certa di una probabilità di successo, almeno pari al cinquanta per cento (cfr. Tribunale Firenze Sez. lavoro Sent., 28/05/2020; T.A.R. Lazio Roma Sez. III bis, 04/03/2019, n. 2870).
Ed invero, a prescindere dalla considerazione della potenziale situazione di conflitto di interesse, tra i concorrenti occorre dimostrare, di poter partecipare al concorso non soltanto in virtù del possesso dell’anzianità e del titolo di studio richiesto, ma altresì di non trovarsi in taluna delle condizioni ostative di cui all’art.16 comma 2.
In secondo luogo, nel caso in esame, anche qualora tutti i ricorrenti si fossero trovati in graduatoria in posizione utile per l’ammissione al corso di formazione, ciò non avrebbe loro attribuito automaticamente la qualifica di Commissario considerato che tale qualifica comunque era da confermarsi all’esito dell’esame finale del corso DI formazione.
Quanto alla progressione nella carriera, anche le successive promozioni a Commissario capo del ruolo direttivo speciale e dunque a vice questore aggiunto del ruolo direttivo speciale, secondo l’impostazione del D.lgs. 334/2000, non erano affatto automaticamente legate al decorso di un determinato periodo di tempo nella qualifica precedente, ma comunque subordinate all’espletamento di uno scrutinio per merito comparativo e, quanto al ruolo di commissario capo, anche alla effettiva presenza di posti disponibili (artt.17 e 18).
Infatti, Il D.Lgs. 5 ottobre 2000, n. 334 “Riordino dei ruoli del personale direttivo e dirigente della Polizia di Stato, a norma dell’art. 5 comma 1 della L. 31 marzo 2000, n. 78” prevede, all’art. 3, una doppia modalità di accesso al ruolo direttivo ordinario, costituito da un concorso pubblico per soli esami, e – per quanto di interesse- un concorso interno per titoli ed esami riservato agli appartenenti alla Polizia di Stato.
Anche con riferimento al quantum dell’eventuale danno risarcibile, lo stesso non potrebbe comunque essere identificato con riferimento alla differenza tabellare tra lo stipendio goduto e quello che avrebbe potuto essere corrisposto ove il dipendente avesse conseguito la superiore qualifica, ma dovrebbe piuttosto essere liquidato equitativamente, in una percentuale del trattamento retributivo spettante per la superiore qualifica commisurata al grado di probabilità di ottenimento della stessa (Cass. civ. Sez. lavoro Ord., 10/11/2017, n. 26694).
Inoltre, deve essere senz’altro esclusa la possibilità di richiedere il risarcimento di eventuali ore di straordinario che avrebbero potuto essere svolte a fronte di una qualifica superiore, ma che non sono state svolte affatto.
Con riferimento, infine, alla mancata indizione di tali concorsi per il periodo 2006/2017, ai fini del perfezionamento della fattispecie risarcitoria ex art.2043 c.c. difettano, oltre alla prova del danno, gli ulteriori presupposti del danno contra jus e non jure dato, oltre che dell’elemento soggettivo, quantomeno sotto il profilo della colpa dell’amministrazione. Infatti, la richiamata sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – Sede di Roma, Sez. I-ter, n. 1439 del 2 febbraio 2016 – pronunciata nell’ambito di un giudizio sul silenzio serbato dall’amministrazione sull’istanza proposta da taluni Ispettori trovatisi in situazione del tutto analoga a quella degli odierni ricorrenti – è stata recentemente riformata con sentenza del Consiglio di Stato, sez. IV, n.24/2019, pubblicata in data 2 gennaio 2019, ai sensi della quale:
– a decorrere dal 2006 e sino all’attuazione del riordino dei ruoli poi disposto con il d.lgs. n. 95 del 2017 – che, inter alia, ha funditus eliminato il ruolo direttivo speciale – l’attuazione dell’art. 25 d.lgs. n. 334 del 2000 (ossia, altrimenti detto, l’indizione dei concorsi ivi previsti) fosse ab ovo ed ex lege preclusa all’Amministrazione;
– nell’antecedente periodo dal 2001 al 2005 il d.lgs. n. 334 del 2000, pur delineando l’indizione dei concorsi come astrattamente doverosa per il Ministero, tuttavia lasciasse all’Amministrazione un margine di apprezzamento discrezionale circa i tempi di attuazione della (previamente necessaria) riorganizzazione dell’apparato organizzativo, sì che non vi sia comunque spazio, tanto più nel 2015, per ravvisare la sussistenza in proposito di un attuale e concreto obbligo di provvedere, tutelabile con il rito del silenzio.
Non vi è, infine, secondo il Tribunale, spazio per sollevare una questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 261, l. n. 266 del 2005 considerato che la disposizione non palesa macroscopici ed evidenti profili di incostituzionalità essendo del tutto ragionevole che il legislatore, nelle more di un prospettato riordino complessivo dei ruoli della Polizia di Stato, abbia sospeso l’applicazione di disposizioni vigenti afferenti proprio all’assetto organizzativo del Corpo” (TAR Lazio, I-quater, 12802/21, cit.).