La Corte di Cassazione in materia di ferie forzate dei lavoratori

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Con l’Ordinanza n. 24977 del 19 agosto 2022, la sezione lavoro della Corte di Cassazione interviene sull’annosa questione dei limiti che l’azienda incontra nel determinare le ferie dei lavoratori, già oggetto di numerose pronunce nel corso degli ultimi anni.

Il ricorso in Cassazione riguardava la sentenza della Corte di Appello di Trieste che, confermando la sentenza del Tribunale di Pordenone aveva dichiarato l’illegittimità della condotta di — omissis — che aveva unilateralmente collocato in ferie i lavoratori negli anni 2012 e 2013, condannando conseguentemente la società datrice di lavoro a ripristinare in favore di ciascuno il monte ore illegittimamente decurtato.

Il giudice di appello, invero, aveva ritenuto che le modalità di collocazione in ferie del lavoratore e la loro comunicazione avrebbero dovuto essere tali da consentirgli di organizzarsi per fruirne in concreto nel periodo di riposo determinato unilateralmente dal datore di lavoro.
In buona sostanza, secondo il giudice di merito, il potere di determinare il periodo di fruizione delle ferie deve tenere conto degli interessi del lavoratore e deve risultare utile alle esigenze dell’impresa e non vessatorio nei riguardi del lavoratore, delle cui legittime esigenze deve tenere conto, comunicando, inoltre, il periodo unilateralmente stabilito per la fruizione così da consentire una loro proficua organizzazione e la possibilità di un effettivo ristoro delle energie psicofisiche.

Contro la decisione di appello ricorreva in Cassazione il datore di lavoro.

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I giudici di legittimità respingevano il ricorso presentato dal datore di lavoro confermando la decisione di merito.

Secondo la Cassazione, la decisione unilaterale delle ferie da parte dell’azienda comporta il venire meno della ratio della normativa costituzionale e legislativa delle ferie, che risiede nel ristoro psicofisico del lavoratore, per il cui conseguimento è ovviamente necessaria una certa programmazione.

Inoltre, prosegue la Corte di Cassazione, poiché le ferie sono un diritto del lavoratore con vincoli e finalità non derogabili quali, ad esempio, la programmabilità, il recupero psicofisico e la conoscenza dei periodi di fruizione, il relativo potere riconosciuto all’azienda di determinarne il periodo va quindi esercitato tenendo conto degli interessi del lavoratore in modo tale che, di fatto e non solo formalmente, sia possibile fruire del riposo annuale.

Il potere di determinare le ferie deve risultare certamente utile alle esigenze dell’impresa ma non può diventare vessatorio per il lavoratore; l’azienda deve comunicare quindi per tempo i periodi stabiliti, e il personale che non gode delle ferie durante il turno aziendale ha diritto all’indennità sostitutiva.
Ne deriva che, se le decisioni prese dalla società non permettono al personale di programmare le vacanze, mancando così l’effettivo ristoro delle energie psico-fisiche, viene ripristinato il monte ore decurtato in modo illegittimo.

I Giudici di piazza Cavour chiariscono che il collocamento forzoso in ferie è dunque senz’altro contrastante con la finalità propria dell’istituto, rammentando che “il potere attribuito all’imprenditore, a norma dell’art. 2109 cod. civ., di fissare il periodo di godimento delle ferie da parte dei dipendenti implica anche quello di modificarlo pur in difetto di fatti sopravvenuti, in base soltanto a una riconsiderazione delle esigenze aziendali, senza che in senso contrario rilevi la prescrizione relativa alla comunicazione preventiva ai lavoratori del periodo stabilito, dalla quale tuttavia si desume, da un lato, che anche le modifiche debbono essere comunicate con preavviso e, dall’altro, che gli eventuali rilievi del lavoratore, che ritenga l’indicazione del datore di lavoro in contrasto con i propri interessi, devono intervenire senza dilazione” (cfr. Cass.11 febbraio 2000 n. 1557 e Cass 12 giugno 2001 n. 7951).
L’esatta determinazione del periodo feriale, presupponendo una valutazione comparativa di diverse esigenze, spetta unicamente all’imprenditore quale estrinsecazione del generale potere organizzativo e direttivo dell’impresa ed al lavoratore compete soltanto la mera facoltà di indicare il periodo entro il quale intende fruire del riposo annuale, anche nell’ipotesi in cui un accordo sindacale o una prassi aziendale stabilisca – e solo fine di una corretta distribuzione dei periodi feriali – i tempi e le modalità di godimento delle ferie tra il personale di una determinata azienda. Peraltro, allorché il lavoratore non goda delle ferie nel periodo stabilito dal turno aziendale e non chieda di goderne in altro periodo dell’anno non può desumersi alcuna rinuncia – che, comunque, sarebbe nulla per contrasto con norme imperative (art. 36 Cost. e art. 2109 cod. civ.) – e quindi il datore di lavoro è tenuto a corrispondergli la relativa indennità sostitutiva delle ferie non godute (cfr. Cass. n. 7951 del 2001 cit.).

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