Monetizzazione delle ferie non godute

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Monetizzazione delle ferie non godute in caso di dimissioni volontarie e pensionamento a domanda

Molto spesso, nell’ipotesi in cui il dipendente non goda delle ferie maturate e non fruite entro il termine stabilito dalla normativa contrattuale per dimissioni dal servizio o pensionamento a domanda, ci vien chiesto se il diritto al loro godimento debba essere considerato decaduto.

Recentemente, la Corte di giustizia UE, con la sentenza 18 gennaio 2024 nella causa n. C-218/22, ha bocciato la legge italiana che vieta al dipendente pubblico la monetizzazione delle ferie in caso di dimissioni.

La norma italiana censurata dalla Corte Europea è l’art. 5 del D.L. 6 luglio 2012 n. 95, il quale vieta. per i dipendenti pubblici, la corresponsione di un’indennità sostitutiva delle ferie anche in caso di dimissioni, risoluzione del rapporto, mobilità etc.

Il rinvio della questione alla Corte di giustizia era avvenuto in una causa in cui un dipendente comunale aveva chiesto, al momento delle sue dimissioni volontarie, il pagamento di una indennità in sostituzione delle ferie non godute nel corso del rapporto. Rispetto alle ragioni attinenti al contenimento della spesa pubblica e alle esigenze organizzative della pubblica amministrazione addotte dallo Stato italiano la CEDU ha ribadito, secondo la propria costante giurisprudenza, il carattere fondamentale e incondizionato del diritto alle ferie nonché a un’indennità finanziaria sostitutiva di esse nel solo caso in cui al momento della cessazione del rapporto di lavoro, anche per dimissioni volontarie, queste non siano state godute. Secondo la Corte, il rifiuto dell’indennità sostitutiva (come invece ritenuto dalla Corte costituzionale italiana, che aveva respinto la questione di costituzionalità della norma di legge in esame) non può essere sorretto da ragioni organizzative o attinenti al contenimento della spesa pubblica.

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La Corte di giustizia ha ricordato, inoltre, che il dipendente, per fruire, nelle condizioni date, dell’indennità finanziaria sostitutiva, non ha l’onere di provare di non aver potuto godere delle ferie per fatto a lui non imputabile, ma è il datore di lavoro che deve dimostrare di aver esercitato tutta la diligenza necessaria per fargliele fruire.

Dopo la sentenza della CGUE nella causa C-218/22, un nuovo parere Aran, pubblicato il 12 febbraio 2024 sul sito dell’Agenzia (parere riferito al comparto Istruzione e ricerca, ma di grande utilità per tutte le amministrazioni pubbliche), consente di fare alcune considerazioni di carattere generale sull’argomento.

L’Aran ha evidenziato come la questione delle ferie “pregresse” costituisca un’eccezione non contemplata dalla normativa stessa che, invece, in linea con il dettato costituzionale, conferma in primo luogo il carattere di irrinunciabilità delle ferie e stabilisce le modalità per la loro fruizione senza sottrarre l’amministrazione dal compito di adoperarsi per adottare comportamenti atti ad assicurare che il lavoratore sia messo in condizione di esercitare del diritto in argomento.

Dal punto di vista della disciplina legale, il carattere inderogabile del diritto alle ferie è finalizzato a consentire al lavoratore il recupero delle energie psicofisiche, a tutela della sua salute e dello sviluppo della sua personalità complessiva. Tali finalità costituiscono, di conseguenza, una vera e propria obbligazione per il datore di lavoro, rendendolo “debitore” dell’obbligo di sicurezza e di tutela della personalità e della salute psicofisica dei propri dipendenti ai sensi dell’art. 2087 c.c. e tale tutela è senza dubbio anche nell’interesse del datore di lavoro stesso.

Sotto tale profilo, tenuto anche conto del vigente divieto di monetizzazione delle ferie sancito dall’art. 5, c. 8 del d.l. n. 95/2012, è onere dell’amministrazione vigilare sulla fruizione delle ferie da parte dei lavoratori e, di conseguenza, sul rispetto dei termini temporali previsti.

Secondo l’Agenzia, quindi, il datore di lavoro non può limitarsi a sottrarre automaticamente al lavoratore il diritto alle ferie dopo aver preso atto della loro mancata fruizione entro i tempi contrattuali, ma deve invece dimostrare, prima di poter “azzerare” il contatore delle ferie maturate e non godute, di aver esercitato tutta la diligenza necessaria affinché il lavoratore fosse messo effettivamente in condizione di fruire delle ferie annuali retribuite alle quali aveva diritto (Corte UE 6.10.2018 in causa C-684/16, punti da 45 a 47). Il datore di lavoro, dunque, è tenuto ad assicurarsi che il lavoratore fruisca delle ferie annuali retribuite, invitandolo, se necessario formalmente, a fruirne in tempo utile a garantire che le stesse siano ancora idonee ad apportare all’interessato il riposo e la distensione cui esse sono volte (Corte UE 18.01.2024 in causa C-218/22, punti da 48 a 50).

Pertanto, pur non potendosi escludere casi eccezionali che rendono di fatto impossibile la fruizione delle ferie nei tempi stabiliti contrattualmente (come, ad esempio, un lungo periodo di malattia), in via ordinaria, l’amministrazione ha l’onere di pianificare le ferie dei lavoratori con un certo preavviso, monitorando le ferie residue in capo ad ogni dipendente per agevolarlo ad esercitare in modo effettivo il proprio diritto.

Ricordiamo che per quel che concerne la Polizia di Stato, le ferie spettano sotto forma di congedo ordinario per ogni anno di servizio con diritto alla retribuzione, esclusa la corresponsione dei compensi per lavoro straordinario e le indennità non corrisposte per dodici mensilità.

Con riferimento alla tempistica di fruizione del congedo ordinario, lo stesso deve essere fruito entro il 31 dicembre dell’anno cui esso si riferisce, fatte salve le ipotesi, ai sensi dell’articolo 9, commi 1 e 2, del d.P.R. n. 39 del 2018, di mancata fruizione nel corso dell’anno per indifferibili esigenze di servizio o per motivate esigenze di carattere personale, per le quali è prevista la fruizione della parte residua entro i diciotto mesi successivi all’anno di spettanza (per il personale inviato in missione all’estero, tali termini iniziano a decorrere dalla data di effettivo rientro nella sede di servizio).

In riferimento alla differibilità del congedo, sono previste quattro ipotesi di differibilità di cui le prime tre a fonte contrattuale:

d’ufficio per indifferibili esigenze di servizio che non abbiano reso possibile la completa fruizione del congedo ordinario nel corso dell’anno. In questo caso, la parte residua deve essere fruita entro i diciotto mesi successivi (articolo 9 comma 3 D.P.R. 15 marzo 2018 n. 39);
a domanda per motivate esigenze di carattere personale. In tal caso il dipendente potrà fruire del congedo residuo entro i diciotto mesi successivi all’anno di spettanza (articolo 18 D.P.R. 18 giugno 2002, n. 164);
per assenza dal servizio per infermità. L’assenza dal servizio per infermità non determina riduzioni del congedo ordinario anche se l’assenza stessa si protrae per tutto l’anno solare. In questa particolare ipotesi il dirigente dell’Ufficio autorizza la fruizione del congedo ordinario in relazione alle esigenze di organizzazione del servizio. Ciò significa che in queste ipotesi l’indicazione del periodo di fruizione è determinata dall’Amministrazione;
per invio di personale in missione all’estero. Il personale inviato in missione all’estero può fruire, in deroga ai suddetti limiti temporali, del congedo ordinario maturato e non goduto a decorrere dalla data di effettivo rientro nella sede di servizio. In tale modo chi si trova in tale situazione potrà quindi fruire del congedo maturato durante la permanenza in territorio straniero, entro diciotto mesi, a decorrere dalla data di effettivo rientro nella sede di servizio (articolo 9 comma 2 D.P.R. 15 marzo 2018 n. 39).
Infine, occorre ricordare come, con la circolare N. 555/VCP/27 del 22 luglio 2022, il Dipartimento della PS raccomandi ai dirigenti degli uffici di “provvedere a programmare la fruizione del congedo ordinario residuo, anche d’ufficio, sia per garantire l’effettivo reintegro delle energie psico-fisiche del personale, in considerazione della specificità delle funzioni e dei compiti svolti dalla Polizia di Stato, sia per renderne sistematica la pianificazione, ai fini del buon andamento degli Uffici e del corretto godimento, da parte degli interessati, anche in vista del futuro collocamento a riposo”.

 

 

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