Procedimento disciplinare: il generico richiamo alla fase istruttoria non può costituire una idonea motivazione della sanzione disciplinare – Cons. Stato sent. nr. 4491/06 del 28.04.2006

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Ultimo aggiornamento 22/07/2013

Procedimento disciplinare: il generico richiamo alla fase istruttoria non può costituire una idonea motivazione della sanzione disciplinare. Il Consiglio di Stato ha così deciso, affermando che il decreto con il quale viene inflitta una sanzione (nella fattispecie quella pecuniaria prevista dall’art. 4, n. 10, del d.P.R. n. 737 del 1981) non può limitarsi a richiamare gli atti del procedimento e le difese dell’interessato, senza nulla riportare in ordine al necessario esame che doveva esservi delle medesime difese che potrebbero evidenziare elementi di fatto rilevanti per la formulazione del giudizio sulla sussistenza o meno della colpa grave. Il generico richiamo alla fase istruttoria non può dunque costituire una idonea motivazione della sanzione disciplinare.

 

Cons. Stato, sez. VI, sent. nr. 4491/06 del 28.04.2006 – dep. 13.07.2006

 

Cons. Stato, sez. VI, sent. nr. 4491/06 del 28.04.2006 – dep. 13.07.2006

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

N. 4491/06

Reg.Dec.

N. 4419 Reg.Ric.

ANNO 2001

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 4419 del 2001, proposto dal Ministero dell’interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dalla Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12;

contro

il signor ………., rappresentato e difeso dagli avvocati (3)……, ed elettivamente domiciliato in Roma, alla via ………….., presso lo studio dell’avvocato ……………;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Sez. I, 26 gennaio 2001, n. 165, e per la reiezione del ricorso di primo grado n. 3527 del 2001;

Visto il ricorso in appello, con i relativi allegati;

Vista la memoria di costituzione in giudizio, depositata dall’appellato;

Vista la documentazione depositata in data 2 ottobre 2002;

Visti gli atti tutti del giudizio;

Data per letta la relazione del Consigliere di Stato Luigi Maruotti alla pubblica udienza del 28 aprile 2006;

Udito l’avvocato dello Stato Letizia Guida per il Ministero dell’interno;

Considerato in fatto e in diritto quanto segue:

Premesso in fatto

1. Il Questore di Milano, con decreto di data 21 luglio 1999, ha inflitto al signor ……………….. la sanzione disciplinare della pena pecuniaria nella misura di 2/30 di una mensilità e degli assegni a carattere fisso e continuativo, ai sensi dell’art. 4, n. 10, del d.P.R. n. 737 del 1981.

Col ricorso n. 3527 del 1999 (proposto al TAR per la Lombardia), il signor ……… ha impugnato la sanzione disciplinare, chiedendone l’annullamento.

Il TAR, con la sentenza n. 165 del 2001, ha accolto il ricorso per difetto di motivazione, ha annullato l’atto impugnato ed ha compensato tra le parti le spese e gli onorari del giudizio.

2. Col gravame in esame, il Ministero dell’interno ha impugnato la sentenza del TAR ed ha chiesto che, in sua riforma, il ricorso di primo grado sia respinto.

L’appellato si è costituito in giudizio, ha chiesto che il gravame sia respinto ed ha richiamato le censure assorbite dal TAR.

In data 2 ottobre 2002, l’appellato ha depositato il decreto di data 9 maggio 2001, con cui il Questore di Milano ha annullato l’atto del 21 luglio 1999, “in ottemperanza alla sentenza del TAR”.

3. All’udienza del 28 aprile 2006 la causa è stata trattenuta in decisione.

Considerato in diritto

1. Nel presente giudizio, è controversa la legittimità del decreto di data 21 luglio 1999, con cui il Questore di Milano ha inflitto all’appellato una sanzione disciplinare (consistente nella pena pecuniaria di 2/30 di una mensilità e degli altri assegni a carattere fisso e continuativo), per la ‘grave negligenza’ evidenziata quale conducente di un’auto della Polizia di Stato, in occasione di una collisione con una vettura tranviaria.

Il TAR per la Lombardia, con la sentenza impugnata n. 165 del 2001, ha annullato tale decreto per difetto di motivazione, poiché il Questore ha inflitto la sanzione senza ricostruire la dinamica dell’incidente e senza tenere conto delle deduzioni difensive dell’interessato.

Col gravame in esame, il Ministero dell’interno ha dedotto che il contestato decreto del Questore non sarebbe affetto dai vizi di eccesso di potere rilevati dal TAR.

2. Per il suo carattere preliminare, va esaminato il rilievo da attribuire al decreto con cui il Questore di Milano, in data 9 maggio 2001:

– ha rilevato che la sentenza del TAR n. 165 del 2001 sarebbe divenuta irrevocabile per mancata proposizione dell’appello;

– ha ‘annullato’ la sanzione disciplinare di data 21 luglio 1999, “in ottemperanza alla sentenza del TAR”.

3. Ritiene la Sezione che tale decreto non abbia comportato la cessazione della materia del contendere o l’inammissibilità dell’appello, né l’acquiescenza dell’Amministrazione.

Esso ha ‘annullato’ l’atto già annullato dal TAR non per rimuovere in via di autotutela l’atto oggetto del giudizio, ma solo perché per errore ha constatato l’avvenuto passaggio in giudicato della sentenza del TAR, in realtà insussistente, tanto che è stato proposto tempestivamente il gravame in esame.

4. Passando all’esame del gravame, con l’unico articolato motivo il Ministero dell’interno ha dedotto che la sanzione disciplinare non sarebbe affetta dai profili di eccesso di potere rilevati dal TAR, perché:

a) l’atto di data 21 luglio 1999 – nel rispetto del d.P.R. n. 737 del 1981 – avrebbe richiamato ‘gli atti ed i presupposti di fatto su cui lo stesso si fonda’, compiutamente indicati nella contestazione degli addebiti;

b) dalla ‘esauriente fase istruttoria’, e dai rapporti sull’accaduto, emergerebbe ‘chiaramente’ la grave negligenza che ha condotto alla sanzione.

5. Così riassunte le censure del Ministero appellante, ritiene la Sezione che esse siano manifestamente infondate.

Del tutto correttamente, la sentenza impugnata ha constatato come il decreto di data 21 luglio 1999 si sia limitato a richiamare gli atti del procedimento e le difese dell’interessato, senza nulla riportare in ordine al necessario esame che doveva esservi delle medesime difese (che hanno dettagliatamente evidenziato elementi di fatto rilevanti per la formulazione del giudizio sulla sussistenza o meno della colpa grave).

Il generico richiamo alla fase istruttoria non può dunque costituire una idonea motivazione della sanzione disciplinare.

6. Poiché l’annullamento di una sanzione disciplinare per difetto di motivazione giustifica la rinnovazione del procedimento (per il principio desumibile dall’art. 119 del testo unico n. 3 del 1957), sussiste l’interesse dell’appellato all’esame delle censure – assorbite in primo grado – secondo cui risulta manifestamente irragionevole il giudizio sulla sussistenza della colpa grave.

7. Ritiene la Sezione che tali censure siano fondate e vadano accolte.

Dalla documentazione acquisita, risulta che l’appellato:

– alle ore 22,39 del 1° marzo 1999, alla guida dell’auto della Polizia di Stato aveva ricevuto disposizioni per andare con urgenza a prestare soccorso ad una donna, con l’autorizzazione a fare uso dei segnali di emergenza acustici e visivi;

– mentre era in corso una pioggia battente, e per evitare l’impatto con un’auto di targa straniera che si era immessa nella corsia preferenziale, non riusciva ad evitare l’impatto con un mezzo tranviario (dal quale sono derivati danni all’auto e danni ai due poliziotti trasportati con prognosi di 7 e 15 giorni).

Tenuto conto delle circostanze già evincibili dal rapporto d’incidente e rimarcate dall’interessato con le sue osservazioni rese nel corso del procedimento disciplinare, ritiene la Sezione che:

– la valutazione sulla sussistenza della colpa grave sia manifestamente irragionevole e viziata da travisamento dei fatti;

– il comportamento dell’appellato vada considerato del tutto appropriato allo standard di prudenza esigibile da chi conduca un mezzo di soccorso e debba prontamente intervenire per tutelare l’altrui sicurezza.

8. Per le ragioni che precedono, l’appello principale va respinto, mentre va accolta la censura riproposta dall’appellato nella sua memoria difensiva, preclusiva della rinnovazione del procedimento.

La condanna al pagamento delle spese e degli onorari della presente fase del giudizio segue la soccombenza. Di essa è fatta liquidazione nel dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) respinge l’appello principale n. 4419 del 2001, accoglie l’ulteriore riproposta dall’appellato e conferma il dispositivo di annullamento della sentenza gravata.

Condanna il Ministero dell’interno al pagamento di euro 2.500 (duemilacinquecento) in favore dell’appellato, per spese ed onorari del secondo grado del giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dalla Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio tenutasi il giorno 28 aprile 2006, presso la sede del Consiglio di Stato, Palazzo Spada, con l’intervento dei signori:

Giorgio Giovannini Presidente

Luigi Maruotti Consigliere estensore

Giuseppe Romeo Consigliere

Giuseppe Minicone Consigliere

Rosanna De Nictolis Consigliere

Presidente

f.to Giorgio Giovannini

Consigliere Segretario

f.to Luigi Maruotti f.to Vittorio Zoffoli

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

il………………13/07/2006……………….

(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)

Il Direttore della Sezione

f.to Maria Rita Oliva

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