Il giudizio di idoneità in corso di rapporto di lavoro

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Può capitare che nel corso della vita professionale il dipendente venga sottoposto a una verifica dei requisiti di idoneità al servizio.

Il Regolamento di Servizio (articolo 67 DPR 782/1985) prevede che al termine di malattie con prognosi superiore a 30 giorni il dipendente venga visitato dal sanitario della Polizia di Stato per il giudizio di idoneità al servizio.

Il D.M. 30 giugno 2003, n. 198, recante il “Regolamento concernente i requisiti di idoneità fisica, psichica e attitudinale di cui devono essere in possesso i candidati ai concorsi per l’accesso ai ruoli del personale della Polizia di Stato e gli appartenenti ai predetti ruoli”, statuisce all’art. 2, in merito all’ accertamento dell’idoneità fisica, psichica ed attitudinale degli appartenenti ai ruoli della Polizia di Stato che:

“1. Nel corso del rapporto d’impiego, per gli appartenenti ai ruoli della Polizia di Stato, l’idoneità o la non idoneità fisica e psichica al servizio nel ruolo di appartenenza è accertata ai sensi dell’articolo 44, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 5 ottobre 2000, n. 334, e dell’articolo 77 del decreto del Presidente della Repubblica 24 aprile 1982, n. 335.
2. Ai fini di cui al comma 1, l’Amministrazione effettua visite mediche e accertamenti sanitari programmati e periodici secondo criteri e modalità stabiliti con decreto del Capo della polizia – Direttore generale della pubblica sicurezza, che tengono conto degli incarichi svolti, dell’età, dell’anzianità di servizio e dell’eventuale presenza di patologie pregresse o croniche.
3. Il giudizio di idoneità al servizio, oltre che ai fini dell’applicazione delle disposizioni contenute nel decreto del Presidente della Repubblica 25 ottobre 1981, n. 738, e nel decreto del Presidente della Repubblica 24 aprile 1982, n. 339, può essere chiesto dall’Amministrazione in occasione di istanze presentate dal personale per congedo straordinario, aspettativa per motivi di salute, riconoscimento di dipendenza da causa di servizio di infermità, concessioni di equo indennizzo, ai fini della dispensa dal servizio per motivi di salute oppure, con adeguata motivazione, in relazione a specifiche circostanze rilevate d’ufficio dalle quali obbiettivamente emerga la necessità del suddetto giudizio.”

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In ordine alle procedure di verifica sono spesso sorti problemi che hanno molto spesso prodotto contenziosi e conseguenti pronunce giurisprudenziali.

Una importante pronuncia al riguardo è quella del T.A.R. Roma, (Lazio) sez. I ter, contenuta nella sentenza del 9 luglio 2018, n. 7582. In questa pronuncia i giudici amministrativi affrontano il problema della inidoneità sotto il profilo dell’attitudine al servizio di Polizia che involge aspetti legati al livello evolutivo, al controllo emotivo, alla capacità intellettiva e alla socialità.

Il procedimento che ha dato luogo alla Sentenza in commento è stato incardinato dal ricorso presentato da un Assistente capo della Polizia di Stato che ha chiesto l’annullamento del provvedimento di cessazione dall’impiego e del connesso giudizio di non idoneità adottato dalla competente commissione emessi dopo la riammissione in servizio successiva a un periodo di sospensione cautelare disposto, ai sensi dell’art. 9, comma 1, d.p.r. n. 737 del 1981, in relazione a un procedimento penale concluso con sentenza assolutoria “perché il fatto non sussiste”.

In pratica l’amministrazione, nel disporre la revoca della sospensione cautelare e la riammissione in servizio, sottoponeva il dipendente, a verifica della permanenza dei requisiti psico-fisici e attitudinali, ai sensi dell’art. 2, d.m. 30 giugno 2003, n. 198. La verifica si concludeva con un giudizio di idoneità sotto il profilo psico-fisico, ma di inidoneità sotto il diverso profilo dell’accertamento della permanenza dei requisiti attitudinali al servizio. Sulla base del suddetto accertamento veniva emesso il provvedimento di cessazione dal servizio che veniva poi impugnato dall’interessato.

La sentenza ha una particolare importanza poiché cristallizza tre principi di rilievo:

In primo luogo, il giudizio concernente il livello evolutivo, il controllo emotivo, la capacità intellettiva e la socialità, attenendo alla sfera emotiva deve tenere in debito conto la situazione contingente in cui è espresso e in particolare lo stress che ha investito il dipendente per le vicende personali subite, a livello penale e disciplinare. Invero l’accertamento dei requisiti attitudinali funzionale al giudizio di inidoneità viene molto spesso effettuato nell’imminenza della conclusione di vicende che comportano una condizione di prostrazione che non può non essere oggetto di adeguata valutazione quando si considera la sfera emotiva;

In secondo luogo, il giudizio deve tener conto dei precedenti di servizio dell’interessato;
Nel caso di specie, il tribunale ha accolto il ricorso e annullato il provvedimento di riforma per inidoneità ritenendo che, nel considerare lo stato emotivo dell’interessato non è stato tenuto nella debita considerazione il grave pregiudizio subito dal dipendente in conseguenza dell’ingiusta misura detentiva, nonché i suoi precedenti di servizio (medaglie al valore, premi e lode), ai sensi dell’art. 2, comma 2, d.m. n. 198/2003.

Per giungere a tali conclusioni, il collegio ha disposto una verificazione volta ad accertare la sussistenza dei requisiti attitudinali del ricorrente al servizio di Polizia. La verificazione, infine, veniva affidata alla U.O.C. Medicina Legale del Policlinico Umberto I di Roma, dopo che una precedente verificazione effettuata dal Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri era stata ritenuta non utilizzabile perché “elusiva” e poiché non era stato consentito al consulente di parte di essere presente al colloquio attitudinale individuale.

Nelle motivazioni della sentenza si legge che “In particolare, il giudizio di non idoneità adottato dalla Commissione in data 24 febbraio 2016 si è palesato illegittimo per violazione della norma di cui all’art. 2, comma 2, d.m. n. 198/2003, nonché per contraddittorietà ed illogicità manifesta, nella parte in cui non ha tenuto in considerazione alcuna la circostanza di essere stato reso nell’imminenza della conclusione della vicenda giudiziaria che ha investito il ricorrente, con sentenza assolutoria con formula piena, né, tantomeno, dei lodevoli precedenti di servizio del ricorrente””.

La sentenza dispone, pertanto, la riammissione in servizio del ricorrente e dichiara la illegittimità del provvedimento di cessazione dal servizio, in ragione dei vizi di illegittimità evidenziati e dell’esito della verificazione effettuata dal Policlinico Umberto I di Roma.

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