La direttiva europea 2023/970, da recepire entro il 7 giugno 2026, dedicata alla parità di retribuzioni tra uomini e donne prevede che possono accedere alle informazioni stipendiali con i nomi in chiaro solo i sindacati, gli ispettorati del lavoro e gli organismi di parità. Si tratta di una deroga al regolamento Ue sulla privacy n. 2016/679 (Gdpr), che limita la possibilità di comunicare i dati personali.
La direttiva Europea 2023/970 introduce la trasparenza delle informazioni sui trattamenti retributivi allo scopo di eliminare le sperequazioni negli stipendi di uomini e donne.
Trattandosi di dati e informazioni rispetto alle quali l’aspettativa di riservatezza è molto alta, il primo paragrafo della direttiva ribadisce il principio generale secondo il quale le informazioni relative ai livelli retributivi comportando il trattamento di dati personali devono essere sempre fornite in conformità al Gdpr ossia in forma anonima, poiché diversamente occorre sempre il consenso dell’interessato, un obbligo giuridico o un interesse pubblico.
È il successivo terzo paragrafo ad autorizzare i singoli stati, nel recepire la direttiva, a decidere se consentire l’accesso a queste informazioni solo ai rappresentanti dei lavoratori, all’ispettorato del lavoro o all’organismo per la parità con nomi in chiaro o conoscibili.
Sindacato e organismi per la parità, peraltro, sono investiti dalla direttiva anche del ruolo di custodi della riservatezza dei nominativi dei lavoratori percettori dello stipendio usato come parametro di confronto. Quando assistono un lavoratore discriminato, lo devono fare senza divulgare i livelli retributivi effettivi dei singoli lavoratori che svolgono lo stesso lavoro o un lavoro di pari valore.
La norma, in conclusione, nel limitare il campo di applicazione del Gdpr, ammette la possibilità dell’accesso alle notizie sugli stipendi a una platea di destinatari, tra cui innanzitutto anche i sindacati, che avranno accesso anche alle informazioni relative a lavoratori diversi dai loro iscritti.
Tutti i soggetti autorizzati all’accesso ai dati in chiaro non potranno, in ogni caso, utilizzare i dati per scopi diversi dall’applicazione del principio della parità di retribuzione.
Ai fini del monitoraggio pubblico sulla parità di genere negli stipendi (articolo 29 della direttiva), invece, le informazioni dovranno essere disponibili senza restrizioni.