Il giudizio di non idoneità al concorso è comunque sindacabile dal giudice amministrativo quanto all’effettiva sussistenza e rilevanza della patologia rilevata dalle commissioni mediche
Il giudice amministrativo può sindacare il giudizio di non idoneità al concorso per allievo agente della Polizia di Stato e del relativo decreto di approvazione della graduatoria, non già per una mera rivalutazione del giudizio medico formulato dalla commissione, quanto piuttosto per accertare l’effettiva sussistenza della patologia riscontrata e della sua rilevanza sulla prestazione del servizio cui il concorso era finalizzata.
Il principio è cristallizzato dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda) nella sentenza n. 03715/2023 del 12 aprile 2023 che ha respinto l’appello del Ministero dell’Interno contro la decisione del TAR del Lazio di annullamento del giudizio di non idoneità formulato nei confronti di un candidato al concorso per allievo agente della Polizia di Stato.
Secondo il primo giudice, pur dovendo condividersi l’orientamento giurisprudenziale sulla tendenziale irripetibilità degli accertamenti dei requisiti psico-fisici di idoneità al servizio, nel caso devoluto il giudizio di inidoneità della Commissione medico era stato formulato senza che il candidato fosse sottoposto a specifici esami che avrebbero senza dubbio consentito l’accertamento della rilevanza funzionale della patologia riscontrata. Nel condividere detta impostazione, i giudici di palazzo Spada hanno ritenuto infondato e respinto l’appello dell’Amministrazione.
Nella sentenza si legge che “sotto un primo profilo deve rilevarsi che risulta del tutto privo di consistenza il motivo di doglianza con cui l’Amministrazione intenderebbe stigmatizzare l’uso da parte del giudice del mezzo istruttorio della verificazione nei giudizi di esclusione di concorrenti dalle procedure concorsuali riguardanti i militari o gli appartenenti alle forze di polizia a causa di inidoneità fisiche riscontrate dalle commissioni mediche.
Invero, ferma restando la tendenziale irripetibilità dei giudizi medico – legali espressi dalle commissioni mediche, ciò non toglie, tuttavia che, non possono esistere atti o valutazioni dell’amministrazione che, come tali, siano sottratte al controllo giurisdizionale, pena la violazione del principio fondamentale posto dall’art. 113 della Costituzione.
Deve pertanto ammettersi che anche nel caso delle valutazioni medico – legali svolte dalle commissioni mediche dell’amministrazione possano esistere ambiti di sindacabilità soprattutto in alcuni, sia pur limitati, casi in cui ciò che viene contestato è la stessa sussistenza o il carattere più o meno rilevante, in relazione alle prescrizioni della procedura concorsuale, della patologia riscontrata dalla competente commissione: in questi casi non dare ingresso al mezzo istruttorio della verificazione significherebbe escludere in radice la sindacabilità dell’atto o della valutazione, il che, come si è detto, non è ammissibile.
Nel caso di specie, concludono i giudici del Consiglio di stato, non può dubitarsi della correttezza dell’operato del primo giudice che ha ritenuto di dover ricorrere alla verificazione non già per una mera rivalutazione del giudizio medico formulato dalla commissione, quanto piuttosto per accertare l’effettiva sussistenza della patologia riscontrata e della sua rilevanza sulla prestazione del servizio cui il concorso era finalizzata, questa essendo in definitiva la contestazione fatta dal ricorrente, contestazione affidata ad una non irrilevante documentazione medica”.
Secondo il Consiglio di Stato, all’esito della verificazione correttamente effettuata dal TAR, è stato accertato come la patologia rilevata non determinasse, allo stato, alcuna invalidità funzionale e come tale non potesse costituire una causa di esclusione; né legittimamente negare l’idoneità fisica allo svolgimento di una certa attività lavorativa perché patologia non invalidante e come tale non escludente. Infine, secondo l’alto consesso, la mera possibilità della stessa patologia di divenire invalidante in futuro non rende possibile predirne, allo stato, l’incidenza sull’idoneità al servizio.