La Connotazione di gravità è presupposto di tutti gli istituti contrattuali finalizzati all’assistenza del disabile
E’ ritornata nuovamente all’esame del Consiglio di Stato (Sezione Seconda – Sentenza n. 04847/2023 del 15 maggio 2023) la questione dell’esatta interpretazione dell’art. 53 del d.lgs. 26 marzo 2001, n. 151, recante Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, là dove consente l’esonero dal c.d. servizio notturno, tra gli altri, ai «lavoratori che hanno a carico persone con disabilità ai sensi della legge 104/92», sulla quale il consesso di giustizia amministrativa aveva già avuto modo di esprimersi con una decisione (Cons. Stato, sez. II, 17 ottobre 2022, n. 8798) che abbiamo già commentato su queste pagine.
La questione, come noto, attiene alla necessaria valorizzazione, nella non felice formulazione di sintesi della norma, del concetto di persone «a carico», come desumibile anche dal generico richiamo alla materia oggetto della legge n. 104 del 1992.
Invero il legislatore con la formulazione dell’art. 53 del d.lgs. 151 del 2001, nel replicare le analoghe previsioni della legge comunitaria del 1998, inserite nella disciplina del 1977 sulla parità di trattamento tra uomini e donne in materia di lavoro, non si è dato cura di inserirvi l’esplicito richiamo al requisito della gravità, presente invece nell’art. 42 del medesimo Testo unico con riferimento all’istituto del congedo.
Orbene, secondo il Consiglio di Stato, ciò non può certo risolversi nel generalizzato riconoscimento della fruizione del beneficio in relazione all’esonero dal lavoro notturno per l’assistenza di un invalido, in assenza di qualsivoglia requisito aggiuntivo, così come richiesto per tutte le altre forme di “tutela indiretta” (si pensi alla necessità della convivenza, comunque desumibile dal richiamo alla l. n. 104/1992 nel suo complesso, seppure nel caso di specie sussistente, essendo stato l’esonero richiesto per accudire la moglie).
Né, secondo il Consiglio di Stato, tale operazione ermeneutica può essere considerata “una sorta di indebita addizione interpolativa nel testo della norma in controversia di un requisito non previsto. Al contrario, la carenza dello stesso, oltre che irrazionale sul piano della coerenza di sistema, si paleserebbe, essa sì, indebitamente soppressiva di un’indicazione chiaramente fornita dal legislatore che non ha richiamato per questa sola fattispecie la definizione della disabilità lato sensu intesa, ma la disciplina delle sue tutele per come riveniente dal complesso della legge n. 104. Diversamente opinando si avallerebbe la ricostruzione -essa sì invero paradossale – che ai fini dell’ottenimento di un permesso orario, mensile, di un congedo e perfino della priorità nell’accesso al lavoro agile o ad altre forme di lavoro flessibile il lavoratore richiedente deve motivare avuto riguardo all’assistenza di una persona con disabilità in situazione di gravità, mentre ciò non sarebbe necessario in caso di richiesta di esonero dal servizio notturno”.
Secondo i giudici di palazzo Spada, le esigenze di buon andamento della P.A. quale datore di lavoro, nel caso in esame, riguardando un operatore di Polizia e concretizzandosi nella effettività del presidio del territorio che può essere garantita esclusivamente mediante un’articolazione oraria estesa a tutto l’arco della giornata, non possono ritenersi sempre soccombenti rispetto ad un’accezione di tutela del disabile a così ampio spettro da prescindere dalle sue effettive esigenze di ausilio e supporto.
La ratio dell’istituto, dunque, che si risolve comunque in un’assenza se non dal lavoro in genere, da taluni servizi, va posta necessariamente in correlazione diretta con l’esigenza per il cui soddisfacimento il diritto stesso è riconosciuto, ossia l’assistenza al disabile, dovendosi escludere che alla fruizione dell’esonero possa connettersi una funzione meramente compensativa o di ristoro delle energie impiegate dal dipendente per l’assistenza prestata al disabile. In conseguenza, ove il nesso causale tra esenzione dai turni notturni ed assistenza al disabile manchi del tutto, non può riconoscersi un uso del diritto coerente con la sua funzione. Il che accade ogniqualvolta l’entità dell’handicap non sia tale da rendere il portatore sostanzialmente non autosufficiente.
Pertanto, conclude l’alto consesso, “la dicitura «a proprio carico» riferita al soggetto disabile per l’assistenza al quale si chieda l’esonero dai turni notturni utilizzata nell’art. 53 del d.lgs. n. 151 del 2001, non può non essere intesa nell’accezione etimologica, prima ancora che giuridica, di “necessitante di cura e assistenza” al punto tale da essere, appunto, “a carico” di chi gliela presta. Il che corrisponde all’assetto della materia riveniente dalla disciplina degli istituti di tutela indiretta del portatore di handicap declinati nella l. n. 104 del 1992, cui la norma fa espressamente rinvio, non senza aver richiamato l’analoga previsione di cui all’art. 5 della l. n. 903 del 1977, in maniera ormai pleonastica, se non addirittura ipertrofica. La c.d. “vivenza a carico”, cioè, va interpretata, in coerenza con la legge, dando rilievo non al fatto che il lavoratore, o la lavoratrice, siano tenuti al mantenimento del disabile, ma al fatto che essi hanno compiti di assistenza nei suoi confronti ai sensi della l. n. 104 del 1992 in ragione della gravità della sua situazione”.