Il Diritto di difesa prevale sulla privacy

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Il lavoratore può registrare di nascosto le conversazioni tenute con i colleghi per tutelare la propria posizione all’interno dell’azienda. È dunque irrilevante il consenso dell’interessato quando il trattamento dei dati – come l’audio “rubato” all’ignaro interlocutore – serve a precostituirsi un mezzo di prova.

Un caso di scuola potrebbe essere quelle del dipendente che vuole dimostrare la natura ritorsiva del licenziamento adottato dal proprio datore di lavoro, ma in questo caso è sempre necessario che l’utilizzo del file non vada oltre le finalità della tesi difensiva e, dunque, alle necessità del legittimo esercizio di un diritto.

Il principio è stato enunciato dalla sezione lavoro della Cassazione nella sentenza n. 28398 del 29 settembre 2022 che ha respinto il ricorso della società datrice contro la decisione che l’ha condannata a reintegrare e risarcire il lavoratore. I Giudici di legittimità hanno riconosciuto la tutela risarcitoria piena sulla base del chiaro carattere ritorsivo del licenziamento e sul fatto che la circostanza non potrebbe che essere provata dalle conversazioni fra presenti registrate in modo abusivo dall’interessata.

Il diritto di difesa, infatti, non è limitato alla sola sede processuale ma si estende a tutte le attività dirette ad acquisire elementi di prova utilizzabili in giudizio. E ciò anche prima che sia instaurata la controversia con citazione o ricorso. L’articolo 24 della Costituzione, d’altronde, assicura il diritto di difesa anche a chi non ha ancora assunto la qualità di parte in un procedimento.

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Ecco allora che il lavoratore può produrre in giudizio l’audio della sua conversazione col collega che ha registrato di nascosto anche senza il consenso dell’interlocutore, che pure non è parte in causa. È lo stesso articolo 24 del codice privacy a consentirlo, a condizione che il trattamento abbia la sola finalità difensiva e duri il tempo strettamente necessario.

La produzione in giudizio della chiacchierata fra presenti è coperta dall’efficacia scriminante dall’articolo 51 Cp, che ha portata generale nell’ordinamento e non risulta limitata all’ambito penalistico.sh

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