Entrata in vigore della L. 9 agosto 2024, n. 114

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Entrata in vigore della L. 9 agosto 2024, n. 114. Esigenza di estendere al personale della Polizia di Stato le modifiche al Codice dell’ordinamento Militare in materia di scrutini per l’avanzamento in carriera

Riportiamo il testo della lettera inviata in data 3 settembre u.s. al Ministro dell’Interno, Pref. Matteo Piantedosi:

Pregiatissimo Signor Ministro,

lo scorso 26 agosto è entrata in vigore la L. 114/2024, pubblicata sulla G.U. n. 187 del 10 agosto precedente che, come recita la rubrica di intitolazione, ha introdotto “Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale, all’ordinamento giudiziario e al codice dell’ordinamento militare”.

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Per quanto più interessa l’art. 7 della citata novella è intervenuto sull’art. 1051 del Codice dell’Ordinamento Militare, rimuovendo dalle cause ostative all’avanzamento in carriera la richiesta di rinvio a giudizio. Pertanto, da oggi l’esclusione dalla valutazione per la promozione dei militari opera solo in presenza di una sentenza di condanna in primo grado – anche se emessa a richiesta delle parti – per delitto non colposo, ovvero l’emissione di un decreto penale di condanna.

Una scelta legislativa a cui non possiamo non plaudire, perché muove un ulteriore passo verso l’affermazione di un modello ordinamentale più rispondente ai principi costituzionali che presidiano la presunzione di innocenza, alla base della quale non deve essere risultata estranea la constatazione dell’impressionante numero di processi che si concludono accertando l’innocenza, o non accertando la sussistenza della responsabilità penale, degli imputati che appartengono ad amministrazioni del Comparto e nella fattispecie a quelle militari.

C’è però a questo punto da chiedersi perché questo più che opportuno correttivo abbia interessato il solo personale militare, non potendo gli effetti della novella essere estesi anche al personale della Polizia di Stato e della Polizia Penitenziaria che a tacer d’altro, in termini quantitativi, sono sicuramente più esposti ad iniziative giudiziarie di quanto non lo sia il personale delle Forze armate.

Siamo quindi alle prese con un ennesimo disallineamento nelle regole che presidiano la progressione in carriera all’interno del Comparto Sicurezza e Difesa per effetto del quale, ad esempio, nel caso in cui un Carabiniere ed un Poliziotto fossero rinviati a giudizio, il primo potrebbe avvalersi della norma di salvaguardia testé commentata ed otterrebbe la promozione o la denominazione di Coordinatore con le corrispondenti tangibili ricadute retributive, e l’altro, invece, dovrebbe attendere la conclusione del processo. Senza contare poi che in caso di condanna il Carabiniere manterrebbe la denominazione e/o la diversa qualifica medio tempore acquisita, mentre l’avanzamento del Poliziotto verrebbe ulteriormente differito durante la pendenza della valutazione disciplinare del suo agito.

Amareggiati da questo ennesimo disallineamento, ci chiediamo che senso abbia ancora insistere a mantenere un Comparto che vede sistematicamente calpestati i principi fondativi di uniformità retributiva ed equiordinazione nello sviluppo di carriera, erosi da sistematiche fughe in avanti, e che a causa delle sostanziali differenze nelle mission istituzionali delle Amministrazioni che ne fanno parte, e delle rispettive differenti esigenze del relativo personale, provoca defatiganti appesantimenti nelle trattative contrattuali e nei lavori preparatori di provvedimenti normativi su temi ordinamentali.

Una costruzione obsoleta che, tra l’altro, relega la discussione parlamentare sulle materie di interesse della Polizia di Stato nell’angusto recinto della Commissione Affari Costituzionali, e fa da argine all’istituzione di una Commissione Affari Interni che appare come la naturale sede dove poter trattare, in generale, di questioni attinenti l’ordine e la sicurezza pubblica così come la Commissione Difesa tratta gli affari afferenti ai militari senza nessun appesantimento di altre materie.

Ma per tornare all’intervento legislativo da cui ha preso le mosse questa nostra dolente critica, detto che non disponiamo di elementi per poter comprendere le ragioni che hanno indotto a limitare al solo personale militare il più favorevole nuovo regime normativo in narrativa, riteniamo che l’Autorevole destinatario della presente, nella sua duplice veste di componente di rilievo della compagine governativa e, soprattutto, di Autorità Nazionale di Pubblica Sicurezza, in quanto tale garante anche dell’uniformità negli assetti ordinamentali delle diverse forze di polizia, sia munito delle prerogative per poter dare avvio ad un percorso di recupero della lamentata disomogeneità, perdurando la quale si acuirebbe lo scoramento del personale della Polizia di Stato, avvilito da una percezione di eccessiva distanza dell’apparato dalle proprie rivendicazioni che in più occasioni abbiamo avuto modo di lamentare.

E, in pari tempo, dovremmo prendere atto di come, sebbene gli argomenti ordinamentali trattati dalla novella legislativa siano stati oggetto, anche di recente, di nostre puntuali sollecitazioni rimaste inesitate, sia venuta a mancare, o abbia subito un preoccupante deterioramento, la cabina di regia che avrebbe dovuto, come da intese, lavorare per migliorare le condizioni lavorative del personale della Polizia di Stato, attenuando le disutilità scaturenti da impianti normativi vetusti.

Non avremmo a quel punto alternative a modificare il nostro approccio, e dovremmo così spostare il piano della dialettica verso un orizzonte esterno.

Conoscendo la Sua capacità di individuare percorsi in grado di offrire soluzioni pragmatiche anche a problematiche estremamente complesse, e confidando sulla Sua comprovata sensibilità ogni qualvolta si discute di ambiti concernenti le condizioni di lavoro ed il benessere del personale, confidiamo di poter a breve avere concreti riscontri circa le istanze da noi rappresentate.

Nell’attesa voglia gradire cordialissimi saluti e sensi di elevata e rinnovata stima.”

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